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Tag: dialogo

Lo “spirito di Assisi” soffia ancora: 27 ottobre 2011

17 Ottobre 201117 Ottobre 2011 editore Lascia un commento

Benedetto XVI torna ad Assisi il 27 ottobre per una giornata di riflessione, dialogo e preghiera con i leader religiosi del mondo e alcuni esponenti laici. Ha voluto personalmente questo ellegrinaggio in memoria della giornata di 25 anni fa, da lui definita una «puntuale profezia».
Nell’ottobre 1986, Papa Wojtyla compì un gesto inedito: riunì esponenti cristiani, ebrei, musulmani e delle grandi religioni asiatiche. Il momento era grave: incombeva la guerra fredda. Il tema  della pace era strumentalizzato dall’Est comunista. Giovanni Paolo II affermò: «…Mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il gran bene della pace». Fu una giornata di digiuno e di preghiera. Gli esponenti delle religioni pregarono in luoghi separati. Poi si ritrovarono assieme. Era un segno.  Al termine, Papa Wojtyla affermò che le «visioni di pace» di quella giornata «sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie».
Nel 1989, per la forza disarmata delle convinzioni, sono caduti i granitici regimi comunisti.
Giovanni Paolo II aveva intuito che la «forza debole» dei credenti è una corrente profonda che pacifica e unisce. Volle che lo “spirito di Assisi” continuasse. I francescani hanno fatto molto per testimoniarlo assieme alla figura di san Francesco. La Comunità di Sant’Egidio, dal 1987, ha tenuto, anno dopo anno, incontri di preghiera e dialogo tra esponenti religiosi, a cui si sono uniti laici  umanisti.
Giovanni Paolo II ha sempre inviato un messaggio dopo il 1986: «Da allora, quasi prolungando lo “spirito di Assisi”, si è continuato a organizzare queste riunioni di preghiera e di comune riflessione e ringrazio la Comunità di Sant’Egidio per il coraggio e l’audacia con cui ha ripreso lo “spirito di Assisi” che di anno in anno ha fatto sentire la sua forza in diverse città del mondo». Quello era «un nuovo modo di incontrarsi tra credenti di diverse religioni: non nella vicendevole contrapposizione e meno ancora nel muto disprezzo, ma nella ricerca di un costruttivo dialogo (…) senza indulgere al relativismo né al sincretismo (…) essendo tutti consapevoli che Dio è la fonte della pace». Questo era lo “spirito di Assisi” per Papa Wojtyla. Ed è divenuto una via concreta per la pace. Sono stato colpito quando, lo scorso anno, in un quartiere di Abidjan, una grande città africana, sono scoppiati scontri tra cristiani e musulmani per l’attacco a una chiesa: il parroco, il pastore, l’imam hanno calmato la gente nel nome dello “spirito di Assisi”. Il nostro mondo contemporaneo, dove gente diversa vive fianco a fianco, ha bisogno di imparare a vivere insieme. Lo  “spirito di Assisi” fonda la pace e prepara la civiltà di domani: quella del vivere insieme. Il XXI secolo ha bisogno di non dimenticare lo “spirito di Assisi”. È il messaggio di papa Benedetto.


Lo “spirito di Assisi” soffia ancora
in “Jesus” n. 10 dell’ottobre 2011


Altri contributi

  • Ad Assisi ma senza marketing di Filippo Di Giacomo in l’Unità del 13 ottobre 2011
Quest’oggi proponiamo tre articoli che presentano modi diversi di intendere lo spirito di Assisi: Di Giacomo più preoccupato di mettere apologeticamente paletti, riducendo il dialogo interreligioso a un incontro tra culture nate dalle religioni; Riccardi presenta lo spirito di Assisi, fatto proprio dalla Comunità di Sant’Egidio, come importante e insostituibile via di pace; La Valle, con la consueta chiarezza e franchezza, come superamento, promosso dal concilio, della visione esclusivista in ordine alla salvezza.
  • Lo spirito e la materia di Assisi di Raniero La Valle in Rocca del 1 ottobre 2011
“È molto giusto che le differenze – cioè il pluralismo – siano rispettate, e questo le stesse religioni lo vogliono. Il problema è però che la differenza rispetto alle altre fedi e religioni non sia identificata dalla Chiesa cattolica nel fatto che essa sarebbe l’unica religione per la salvezza mentre le altre, pur rispettabili, non sarebbero idonee a questo fine. Se infatti questa fosse la differenza concepita dalla Chiesa romana rispetto ai suoi interlocutori negli incontri ecumenici e interreligiosi, tali incontri si ridurrebbero a puro folklore ” ” se c’è infatti un punto decisivo in cui il Concilio ha innovato rispetto alla dottrina comunemente professata nella Chiesa cattolica fino ad allora, è proprio nel riconoscimento dei valori cristici e salvifici che sono presenti in tutte le tradizioni religiose e in tutti gli uomini”

 

 

A Vienna prende forma un nuovo centro per il dialogo interreligioso

16 Ottobre 201117 Ottobre 2011 editore Lascia un commento

A Vienna prende forma un nuovo centro per il dialogo interreligioso di KAP

Sta per essere fondato un nuovo centro per il dialogo interreligioso sotto forma di organizzazione  internazionale con sede a Vienna. Ne è la base un accordo di diritto internazionale tra l’Austria, l’Arabia Saudita e la Spagna, che sarà firmato nei locali dell’Albertina il 13 ottobre. Del progettato “Centro internazionale per il dialogo interreligioso ed interculturale Re Abdullah” si sono  occupati questa settimana, su iniziativa del Ministero degli esteri, il Consiglio dei ministri e la commissione parlamentare per gli affari esteri. Sia in Parlamento che nei media si sono visti  accanto a sostenitori anche critici del progetto, che hanno espresso dubbi a causa della politica saudita fortemente influenzata dal wahabismo.
È previsto che i tre stati fondatori offrano con il centro progettato un forum di dialogo per le cinque  religioni mondiali: cristianesimo, ebraismo, islam, buddismo ed induismo. Importante organo  del centro di dialogo sarà l’assemblea dei contraenti, che dovrà decidere consensualmente sul comune programma di lavoro, bilancio e sui membri del direttorio, che sarà composto da  rappresentanti delle diverse religioni. Come ha riferito mercoledì l’APA (Austria Presseagentur), come rappresentante cattolico dovrebbe essere inviato al direttorio Mons. Khaled Akasheh del  Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Altri rappresentanti cristiani dovrebbero essere inviati dalla Chiesa anglicana e dall’Ortodossia.
Come ulteriore organo del centro di dialogo è previsto un Advisory Board. Dovrebbero far parte di questo organo consultivo 100 persone delle cinque religioni mondiali e di altre comunità di fede,
nonché scienziati e rappresentanti della società civile.
L’edificio previsto come sede del centro, situato nel centro di Vienna (Palais Sturany, Schottenring 21) viene attualmente ristrutturato e potrà essere occupato nel corso del prossimo anno. La  atifica dell’accordo è prevista nell’estate 2012, dopo che il Consiglio nazionale austriaco ne avrà ulteriormente discusso.

in “www.kathpress.co.at” del 6 ottobre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

 

 

Altri contributi

 

  • Vienna Nuovo centro di dialogo interreligioso, una chance storica di Omar Al-Rawi in diepresse.com del 13 ottobre 2011 (nostra traduzione)
“Oggi sarà solennemente firmato il contratto di fondazione del “Centro internazionale per il dialogo interreligioso ed interculturale Re Abdullah”… Dobbiamo distinguere due cose. Si tratta di continuare la critica giustificata a determinate situazioni nel regno[Arabia Saudita], ma al contempo portare avanti apertamente e con forza la possibilità del dialogo e dello scambio tra culture e religioni. Il dialogo non può, non deve, non sarà e non resterà una via a senso unico”

Fuori dal tempio

18 Luglio 201118 Luglio 2011 editore Lascia un commento


Pierluigi Di Piazza, Fuori dal tempio. La Chiesa al servizio dell’umanità, Laterza,  Bari 2011, pp. 125 , euro 12,00

 

Presentazione

«Mi sento laico, umile credente sempre in ricerca, prete per un servizio disponibile, disinteressato, gratuito nella comunità cristiana e nella società; anticlericale, cioè non appartenente ad una categoria; non funzionario della religione. Si può così intuire quale sia a livello di comunicazione l’effetto del cercare giustizia, verità, uguaglianza, pace, condivisione».

Parla don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza per stranieri Ernesto Balducci di Zugliano, e racconta la sua storia di uomo e di prete, di insegnante e di animatore culturale, alle prese con i temi più discussi nelle comunità cristiane: le delicate posizioni dei separati e divorziati nella Chiesa, l’aborto, l’omosessualità, il celibato dei preti, il sacerdozio delle donne, la pedofilia, la malattia e il fine vita.

L’autore

Pierluigi Di Piazza,prete, parroco, laureato in Teologia, ha ricevuto nel 2006 la laurea ad honorem dell’Università degli Studi di Udine quale ‘imprenditore di solidarietà’. Insegnante per 30 anni, nel 1988 ha fondato il Centro di accoglienza per stranieri e di promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano (Udine) di cui è responsabile. Collabora con giornali e riviste. Tra le sue pubblicazioni, Nel cuore dell’umanità, storia di un percorso (2006) e Questo straordinario Gesù di Nazaret (2010).

 


La fede ha radici laiche
di Federico Vercellone
in “La Stampa” del 17 luglio 2011

Forse mai come oggi si è reso evidente che integralismo e laicismo sono una sorta di Giano bifronte, due volti dello stesso individuo. All’integralismo religioso e politico ha fatto compagnia in questi anni, anche con ottime motivazioni, un atteggiamento laico che ha voluto ridurre la religione a un fatto privato fornendo in questo modo legittimità alla fede solo quando rinunzi a essere
partecipe della sfera pubblica. Ma se la religione è come l’attesa degli Ufo, non si può poi pretendere che gli extraterrestri non vogliano invadere la Terra.
Il gioco di specchi tra laicisti e fondamentalisti in questo modo si rivela come un conflitto necessario. Si tratta, in fondo, una diatriba tra fratelli. In questo Paese siamo troppo spesso ancora figli di Peppone e di Don Camillo, mangiapreti amici-nemici dell’abito talare, religiosi pronti a fare ogni compromesso con il mondo quando ciò convenga alla maggior gloria di Dio.
A parlarci delle radici laiche della fede viene ora un sacerdote, Pierluigi Di Piazza, che ci rammenta l’essenza più pura del Vangelo, che coincide anche con la laicità cristiana. E con la libertà del mondo di aderire o di non aderire al messaggio di Gesù Cristo. Don Di Piazza ci ricorda con forza, in un piccolo libro quanto mai incisivo, Fuori dal tempio. La Chiesa al servizio dell’umanità (Laterza), che il cristianesimo è essenzialmente una religione profetica, è attesa di un nuovo Regno che è da coltivarsi con l’atteggiamento vigile della testimonianza. Questo comporta fare i conti con la cultura del momento e con le contingenze della storia scegliendo innanzi tutto l’accoglienza. Don Di Piazza, che ha fondato a Zugliano, in Friuli, il Centro di accoglienza per stranieri e di promozione culturale «Ernesto Balducci», ci conduce così in un appassionato itinerario nella laicità cristiana. È un cammino che si accompagna a una ferma condanna delle prese di posizione delle gerarchie cattoliche nei confronti del celibato dei preti, del divieto del sacerdozio femminile, del caso Englaro, delle compromissioni scandalose nei confronti del potere politico. Don Di Piazza ci insegna così che è doveroso essere laici per i credenti. E che è doveroso per tutti, credenti e non, essere in «buona fede».

 

 

L’intervista

Il libro è un sofferto e profondo excursus nella sua vita di uomo, prete, insegnante, animatore culturale, personaggio capace di assumere posizioni scomode, ma sempre sostenute con la forza della fede, del sentimento e del ragionamento, davanti a molti dei temi più delicati che agitano le anime dei cristiani: separati e divorziati, aborto, omosessualità, celibato dei preti, sacerdozio delle donne, pedofilia, malattia e fine vita. Il tutto in un impegno di fede e di sincerità.

Si tratta di un libro troppo ricco di spunti di riflessione per essere decentemente illustrato nel ristretto spazio della pagina di un giornale, ma qui tentiamo di tratteggiarne le linee fondamentali parlandone con lui.

– Il titolo del libro dice Fuori dal tempio. Questo implica che c’è una differenza sensibile tra il tempio e il mondo che ne resta fuori?

«Questo titolo esprime l’itinerario di riflessione che mi pare sia ispirato e suggerito dal Vangelo che costituisce il filo conduttore del libro. Quando Gesù di Nazaret muore sulla croce, il velo del tempio si squarcia perché Gesù viene ucciso dall’intreccio dei poteri culturale, legislativo, politico e religioso, nonché dal braccio armato militare dei romani. E questo pone una questione di drammaticità e contrasto, mette in evidenza una dialettica tra il Dio del tempio e il Dio che Gesù presenta nella sua vita, nelle sue parole, nei suoi gesti. È il contrasto che pone da una parte il Dio del tempio, gestito dai sacerdoti di una religione tradizionale che di fatto legittima le disattenzioni per i bambini, la discriminazione della donna, l’esclusione degli ammalati, la cacciata di coloro che sbagliano, dei peccatori, il disprezzo per la gente povera considerata ignorante dalla classe dirigente. Dall’altra parte Gesù pone una fede, non una religione; una fede incarnata della vita, nella storia e soprattutto nelle relazioni con le persone. Quindi il Dio del tempio e il Dio di Gesù di Nazaret entrano in un conflitto insanabile che costa a Gesù la crocifissione, ma che poi dona a chi partecipa di questa fede anche Gesù che vive oltre la morte, con una presenza misteriosa che sempre ci accompagna».

– Ma tutto questo non è riferito soltanto a quella storia, ma anche all’oggi…

«Il titolo, infatti, dice che, partendo da questo assunto, la Chiesa dovrebbe sempre ispirarsi al Vangelo di Gesù misurando il suo annuncio, la sua credibilità e la sua coerenza soprattutto fuori dal tempio anche se nel tempio, inteso come edificio religioso, ci si continua a incontrare per i momenti di preghiera, di riflessione, per la comunione nell’eucarestia. Ma guai se tutto questo, restando chiuso nella sacralità del tempio, è separazione e non diventa invece incarnazione del messaggio del Vangelo nella storia e nelle relazioni con le persone».

– All’inizio del volume è pubblicata la Lettera di Natale del 2009, quella in cui, in dieci sacerdoti di questa regione, avete specificato in quali definizioni di Dio credete e in quali non credete. Come mai è stato deciso di collocarla come introduzione al libro?

«A dire il vero questa è stata una decisione presa dagli editori che hanno pensato che questa lettera – che avevo mandato loro insieme ad alcuni altri scritti – poteva essere un prologo interessante e importante. Ovviamente in questa lettera noi non abbiamo alcuna presunzione di definire cos’è Dio: se lo facessimo sarebbe davvero una contraddizione clamorosa perché quando parliamo di Dio siamo sempre noi poveri esseri umani a parlarne dentro la contingenza di una cultura, di un linguaggio che è sempre parziale rispetto all’universalità e alla profondità. Quindi, come diceva padre Ernesto Balducci, al quale abbiamo intitolato il Centro di accoglienza e di promozione culturale di Zugliano, Dio è absconditus e sarebbe terribile identificarlo forzatamente con le nostre teologie e a pensarlo rinchiuso nelle nostre liturgie perché Dio è sempre da cercare, pur se intuito, creduto, pregato. Questa lettera, che credo sia sempre attuale, l’abbiamo scritta con l’intenzione di favorire una riflessione su quella specie di politeismo così presente anche nella nostra realtà, italiana e friulana. È davvero sconcertante, infatti, come nello stesso tempo si possa parlare di Dio e invocarlo come il Dio dei ricchi e dei poveri; come il Dio di chi si impegna per la pace e di chi legittima le guerre e i bombardamenti; come il Dio di che è razzista e utilizza una religione etnicizzata e chi in nome di questo Dio, che disse “Ero forestiero e mi avete accolto”, accoglie gli ultimi, i fuggitivi, i diseredati; come il Dio dei forti, dei potenti e dei prepotenti e il Dio dei deboli, dei fragili, degli ultimi; come il Dio di chi utilizza il suo nome per un potere – come avviene anche nel nostro Paese – assolutizzato, che pretende di essere ingiudicabile e il Dio che ci insegna che il potere va inteso come servizio. Quindi questo politeismo, questo relativismo riguardo a Dio è per me preoccupante».

– Quindi, a maggior ragione, non si potrebbe parlare di un Dio “al di sopra delle parti”, di un Dio indifferente alle sorti degli uomini e dell’umanità?

«Nel libro c’è un capitolo in cui descrivo il fascino che Gesù esercita sulla mia vita e il coinvolgimento che ne deriva, ma mi pare che Gesù riveli, e sia, un Dio chiaro ed esplicito nelle sue manifestazioni, il cui messaggio è rivolto a tutti, ma nello stesso tempo mi sembra un Dio schierato, un Dio che prende parte davanti alle ingiustizie del nostro mondo. Credo che su questo non ci possano essere dubbi».

– Se Dio è absconditus, è altrettanto vero che l’uomo è sempre drammaticamente palese. Però, visto che l’uomo è stato creato “a sua immagine e somiglianza”, proprio l’uomo dovrebbe essere il mezzo più giusto per onorare Dio attraverso il suo rispetto e la sua cura. Questo, invece, purtroppo non avviene sempre nella realtà, anche in quella di chi si dice vicino al mondo delle religioni…

«È vero. E questo mi colpisce ogni giorno anche perché richiede a me per primo una costante coerenza con quel Dio che in Gesù vive continuamente una grande “com-passione”, che interpella l’altro, che assume su di sé le vicende altrui dentro a situazioni di sofferenza, di malattia, di marginalità, di esclusione; le assume come un nuovo e completo impegno di liberazione intesa nella sua accezione più ampia e non soltanto fisica o spirituale. Io credo in una spiritualità che sempre innerva l’umanità, l’attraversa, la illumina, la fortifica, la irrobustisce, la rilancia, la libera nel senso più completo del termine».

– Ma alla base di tutto questo impegno deve esserci una scelta consapevole…

«Noi esseri umani viviamo l’ambivalenza di ogni giorno e quotidianamente siamo provocati a una scelta. Purtroppo tante volte finiamo per scegliere la minore umanità, o addirittura tratti di disumanità che poi possono avere conseguenze drammatiche. Ed è molto grave, poi, la presunzione, la pretesa, la prepotenza di utilizzare Dio, o almeno il suo nome, per giustificare molti atteggiamenti disumani dell’uomo. È un paradosso clamoroso. Credo che ogni religione viva questa dialettica, questo pericolo costante di incoerenza tra le ispirazioni e le proclamazioni, da una parte, e le attuazioni delle promesse dall’altra. Questo utilizzo di Dio per la prepotenza, il potere assolutizzato, le discriminazioni, addirittura per la violenza, la guerra, i privilegi, l’ingiustizia, è di una gravità veramente tragica».

– In questo senso prende vera concretezza il comandamento che prescrive “Non nominare il nome di Dio invano”…

«Credo che si potrebbe dire che Dio ci libera, ma che nel medesimo tempo ci coinvolge a liberare Lui stesso dall’utilizzo negativo del suo nome fatto troppo spesso da una parte dell’umanità. Ci chiede di impegnarci a far sì che non lo si imprigioni e non lo si usi in modo improprio e troppo frequentemente terribile».

Il cortile dei gentili: un bilancio

17 Maggio 201116 Maggio 2019 editore

 

Un defici di comunicazione

Desta meraviglia la scarsa risonanza avuta dall’iniziativa del Cortile dei gentili  tenutosi a Parigi nelle scorse settimane. Un clamoroso deficit di comunicazione. Nessun ufficio stampa. Nessun testo messo a disposizione dei media, né prima, né durante, né dopo.Solo i presenti potevano ascoltare dal vivo le parole dei relatori, oppure coloro che si sintonizzavano su Radio Notre-Dame o su KTO TV, le uniche emittenti cattoliche che trasmettevano in diretta i lavori.

 

Anche sul sito web del Vaticano,  al pontificio consiglio della cultura,  sul Cortile dei gentili non si trova niente. Sul sito poi, creato per l’occasione, www.parvisdesgentils.fr,  solo uno scarno programma e pochi cenni sui relatori.

 

Eppure l’idea e il nome: Cortile dei gentil è stata di Benedetto XVI in persona.  “Al dialogo con le religioni – disse porgendo gli auguri natalizi alla curia romana, il 21 dicembre 2009 – deve oggi aggiungersi il dialogo con coloro ai quali Dio è sconosciuto”.
E l’idea ha camminato. Dopo un prologo il 12 febbraio a Bologna, la prima grande università d’Europa, il Cortile dei gentili ha tenuto il suo primo incontro il 24 e 25 marzo a Parigi, nella “Ville Lumière”, nella città simbolo dell’Illuminismo moderno.

 

A Parigi si è voluto abbattere quel muro di separazione che divideva ebrei e gentili. Quei “gentili” che a Gerusalemme accedevano al tempio nello spazio riservato ai non ebrei, oggi sono i lontani da Dio, i non credenti. Voci credenti ed agnostiche si sono confrontate amichevolmente a Parigi. Ciascuno con i piedi piantati nel proprio spazio, ma pronto ad ascoltare le ragioni dell’altro.
Anche le sedi dell’incontro hanno avuto un significato simbolico. L’UNESCO, l’Institut de France, la Sorbona sono luoghi laici per eccellenza. Mentre il Collège des Bernardins è antico cenacolo di cultura cattolica. E la cattedrale di Notre-Dame è stata l’uno e l’altro insieme: il sagrato per tutti gli uomini di buona volontà e l’interno della cattedrale per la preghiera guidata dalla comunità di Taizé, a porte aperte.

Dopo l’esordio di Parigi il Cortile dei gentili ha già in cantiere altri appuntamenti: a Tirana, a Stoccolma, negli Stati Uniti, in Canada e anche in Asia, dove sono presenti forme di religiosità non meno lontane dal Dio cristiano.

 

Riportiamo una documentazione interessante a cura di Sandro Magister:

1.4.2011:  A Parigi si è disputato su Dio, ma prima ancora sull’uomo

Il dirompente intervento di Fabrice Hadjadj contro l’ideologia eugenista dei padri fondatori dell’UNESCO. Peccato che di quanto si è detto al “Cortile dei gentili” si è saputo troppo poco. Grande iniziativa, ma male pubblicizzata

 

29.3.2011:  Il “Cortile” di Parigi. Un bilancio

Il cardinale Ravasi e l’agnostica Julia Kristeva a confronto. E con loro decine di altri studiosi credenti e non credenti. A Chicago, nel Quebec, a Stoccolma le prossime tappe del dialogo voluto da Benedetto XVI

 

26.3.2011:  “Su questo sagrato del Dio Ignoto…”

Il messaggio videotrasmesso dal papa ai partecipanti alla veglia di chiusura della sessione del “Cortile dei gentili”, sul sagrato della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, il 25 marzo 2011

 

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