“Sogni di sabbia”

I migranti, le loro storie ed esperienze in un libro fotografico di Luca Leone Paolo Dieci è il direttore del CISP una ong con sede a Roma che opera a livello nazionale e internazionale attraverso progetti umanitari a favore dei più deboli, in particolare migranti.
“Accogliere la dimensione multiculturale delle nostre società come un’opportunità storica da valorizzare e non come una minaccia, lavorare con le comunità e associazioni di immigrati, responsabilizzandole e identificandole come strumenti essenziali per l’integrazione, rafforzare, la collaborazione tra Europa, Maghreb ed Africa Sub Sahrariana e le politiche di cooperazione internazionale” sono alcune delle strategie da mettere in atto per affrontare in maniera diversa e costruttiva il fenomeno migratorio secondo Paolo Dieci.
Con Paolo Dieci abbiamo approfondito il tema dell’immigrazione in questa intervista.
D.
Direttore, l’importanza e l’urgenza di un libro come “Sogni di sabbia” è data dalla cronaca nazionale e internazionale.
Qual è la posizione del Cisp rispetto alle politiche migratorie europee e nazionali e quali urgenze avete individuato? R.
Alcuni limiti di tali politiche sono così sintetizzabili: scarso coordinamento a livello europeo, tendenza, soprattutto in Italia, a identificare il tema della migrazione con quello della sicurezza e, soprattutto, mancanza di una visione globale dei processi migratori, che vanno compresi e gestiti nel loro insieme, per essere chiari dalla loro origine alla loro destinazione.
Sembra oggi di assistere a una rincorsa al presidio delle frontiere, quasi che queste fossero minacciate da pericolose invasioni.
Questa visione delle cose è ristretta, inefficacie, oltre ché, come vedremo, moralmente discutibile.
Le migrazioni sono processi globali, che nascono dallo squilibrio impressionante tra paesi ricchi e paesi poveri, si alimentano di aspettative per una vita diversa quando non da vere e proprie fughe.
Governare tali processi presidiando le coste è impossibile.
Servono politiche integrate, di accoglienza, cooperazione internazionale, formazione e orientamento delle comunità di immigrati.
Servono chiaramente anche accordi tra stati, ma in questo caso vorrei fare due brevi considerazioni.
La prima è che tali accordi vanno sottoscritti non solo con gli Stati del Maghreb, ma anche con quelli dell’Africa a sud del Sahara, dove spesso migrare significa provare a vincere le catene della povertà.
Esistono esempi concreti ai quali l’Italia può rifarsi; penso, ad esempio, all’accordo siglato tra Unione Europea e Mali per l’attivazione di servizi di informazione e orientamento professionale ai migranti potenziali.
La seconda considerazione è che tali accordi non devono avere come principale o unica finalità il respingimento dei migranti, senza dare loro oltretutto la possibilità di esporre le loro ragioni, di motivare, in molti casi, la richiesta di asilo.
D.
La soluzione giusta alla pressione migratoria dal Sud verso Nord è nei respingimenti o altre dovrebbero essere le risposte, forse tutte più adeguate? R.
Il respingimento indiscriminato è innanzitutto moralmente inaccettabile perché nega la possibilità di richiedere asilo anche a coloro che ne avrebbero diritto.
Inoltre spinge in modo coatto i migranti in situazioni – lontano dai riflettori dei media – che nessun organo internazionale è in grado di monitorare.
Nessuno ha “ricette” o soluzioni a problematiche così imponenti, che – lo ripeto – affondano le loro radici nella disuguaglianza mondiale.
Possiamo però provare a ipotizzare un percorso, un processo verso cui andare.
Provo a sintetizzare alcuni punti: accogliere la dimensione multiculturale delle nostre società come un’opportunità storica da valorizzare e non come una minaccia (non si dovrebbe scordare che uno dei paesi più multiculturali del mondo, gli Usa, sono una grande e solida potenza mondiale, non uno stato frantumato da divisioni e conflitti interni); lavorare con le comunità e associazioni di immigrati, responsabilizzandole e identificandole come strumenti essenziali per l’integrazione; rafforzare, nel senso che ho già provato a chiarire, la collaborazione tra Europa, Maghreb ed Africa Sub Sahrariana; rafforzare le politiche di cooperazione internazionale.
L’intervista è disponibile sul sito della Infinito edizioni (www.infinitoedizioni.it) e può essere ripresa liberamente citando la fonte (Luca Leone ©Infinito edizioni 2009).
Infinito edizioni: 06 93162414 Cell: 320 3524918 (Maria Cecilia Castagna), 347 3807428 (Luca Leone) info@infinitoedizioni.it, www.infinitoedizioni.it CISP ONLUS,  Sogni di sabbia.
Storie di migranti, Infinito Edizioni, 2009,  Isbn: 978-88-89602-58-4, pp.96  Euro 15.00 Libro fotografico a cura di Sandro De Luca, con testi di Gad Lerner e Ubah Cristina Ali Farah “Nessuno considera clandestino lo straniero irregolare che bada a sua madre, gli pota la vigna o fa le pulizie nel condominio.
Clandestini sono sempre gli altri: buttateli fuori!” (Gad Lerner).
Non tutti i viaggi terminano con la destinazione sognata, e non tutti quelli che partono riescono a realizzare il loro progetto.
Per tanti migranti il miraggio diventa un incubo, una trappola da cui non riescono più a uscire.
Lo raccontano i protagonisti di questo libro corredato da splendide foto, che con i loro volti ci raccontano che cosa c’è – in questo caso in Algeria – prima di Lampedusa.
Partiti dal Congo, dal Niger, dal Mali, dal deserto del Sahara, sono tanti, sempre di più, quelli che non vedranno mai l’Europa.
Perché rimangono bloccati nei Paesi del Maghreb, in un limbo da cui non riescono più a uscire.
Scoprire il viaggio prima del viaggio, la loro vita prima della partenza, può aiutarci a comprendere, a smontare pregiudizi e stereotipi.
Prima di diventare migranti, irregolari o clandestini, sono persone.
Come noi.
“Non è vero che questi giovani migranti non hanno nulla da perdere.
Hanno solo il coraggio di rischiare.
Buttarsi a capofitto con quel briciolo di incoscienza necessario per affrontare l’impossibilità” (dalla prefazione di Ubah Cristina Ali Farah).

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