Artefici della propria vita. Il “progetto di vita” nelle persone con disabilità

Il nuovo numero della rivista «CATECHETICA ED EDUCAZIONE»

Editoriale:

La L. 227 del 22 dicembre 2021 dello Stato italiano parla del “progetto di vita”, qualificandolo con gli aggettivi individuale, personalizzato e partecipato. Basandosi sui princìpi di autodeterminazione e di non discriminazione, la normativa restituisce alla persona con disabilità, nel limite del possibile, il diritto di elaborare un progetto di vita «diretto a realizzare gli obiettivi […] secondo i suoi desideri, le sue aspettative e le sue scelte» (punto c, §5) e prevede l’individuazione di «figure professionali aventi il compito di curare la realizzazione del progetto, monitorarne l’attuazione e assicurare il confronto con la persona con disabilità e con i suoi referenti familiari, ferma restando la facoltà di autogestione del progetto da parte della persona con disabilità» (punto c, § 11).
Da quest’importante testo legislativo prende spunto la riflessione proposta nel presente numero di Catechetica ed Educazione. Quello del “progetto di vita” è un elemento esistenzialmente determinante ed educativamente rilevante. Qui s’intende precisare e approfondire questo concetto complesso e carico di implicanze, non privo di ambiguità, oggetto di studio specialistico da svariati punti di vista. Si è pure consapevoli che le criticità insite nella nozione “progetto di vita” si acuiscono quando questa si applica al mondo della disabilità.

Il fascicolo è articolato in due parti: la prima contiene degli studi sul “progetto di vita”, dal punto di vista antropologico, pedagogico, psicologico e legislativo, cui si aggiungono delle riflessioni di natura teologica riguardanti gli ambiti biblico, catechetico-pastorale e spirituale; la seconda offre una rassegna di ambienti di vita in cui si accompagnano le persone con disabilità a realizzare, nel limite del possibile, il loro progetto di vita.
Rientra nella prima sezione il contributo di Annalisa Caputo, Progetto di vita o trame di vita? Dalla soggettività progettuale all’intreccio di storie. La filosofa, rifacendosi soprattutto al pensiero di Heidegger e Ricoeur, s’interroga sulla possibilità stessa di elaborare un progetto di vita da parte delle persone con disabilità intellettiva e giunge a postulare la necessità di un cambio di paradigma, fondato non tanto sulla categoria di “progetto” ma su un modello antropologico che privilegi la narrazione e l’intreccio di storie.

I due articoli successivi esplorano il tema del progetto di vita dal punto di vista psico-pedagogico. Roberto Franchini, nel suo Artefici della propria vita. Riflessioni pedagogiche sul “progetto di vita”, parte dagli interrogativi: a chi spetta elaborare il progetto di vita? Come intervenire per far sì che la persona con disabilità sia realmente “artefice” della costruzione della propria esistenza? Il concetto chiave è quello di “autodeterminazione” – da non confondersi con indipendenza – che va considerata come criterio d’azione per gli operatori: essa, infatti, è un diritto basilare di ogni persona, comprese quelle che manifestano disturbi del neurosviluppo. Sulla base di tale convinzione, vengono fornite indicazioni pedagogiche utili per la promozione umana e spirituale dei membri più vulnerabili delle comunità.

A sua volta, lo psicologo Joseph Jeyaraj Swaminathan, Formulating an Age-related Life Project for a Fulfilled Life, offre un’ampia riflessione che, andando oltre lo specifico ambito delle persone con disabilità, prende in esame il complesso rapporto tra lo sviluppo del progetto di vita nelle diverse età e la qualità di un’esistenza pienamente realizzata.
Quindi, Maria Luisa Scattoni, Laura Maria Fatta e Francesca Fulceri, dirigente e ricercatrici del Servizio di coordinamento e supporto alla ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, avvalendosi delle competenze maturate dal loro osservatorio privilegiato, presentano in maniera dettagliata e tecnica ciò che viene affermato circa gli Elementi prioritari del progetto di vita nella “Linea guida sulla diagnosi e trattamento del disturbo dello spettro autistico negli adulti”.
Segue una serie di studi di natura teologica. Il primo, di Francisco José Enríquez Zulaica, “Para que tengan vida en abundancia” (Jn 10,10). El proyecto de vida en las páginas de la Sagrada Escritura, mette in rilievo come nella Bibbia, pur non comparendo in forma esplicita il concetto di “progetto di vita” così com’è
inteso oggi, ci sia un continuo riferimento al progetto di salvezza di Dio con la corrispondente necessità e responsabilità da parte delle creature di aderirvi o meno.

Di taglio squisitamente catechetico è poi l’articolo di Salvatore Soreca, L’attenzione alle persone con disabilità nel progetto personale formativo del catechista. Dopo aver descritto il dispositivo autoformativo ormai diffuso in diverse regioni italiane, imperniato su cinque macro-competenze qualificanti l’identità e l’azione dei catechisti, l’autore si sofferma a riflettere su come favorire attraverso il suo utilizzo una mentalità inclusiva negli operatori pastorali.

L’ultimo studio affronta il tema delicato dell’accompagnamento alla morte. Il Rev. Bill Gaventa, esperto in teologia della disabilità, nel suo Accompanying Persons with Disabilities and their Friends throug Grief, Loss, and End of Life, elenca una serie di principi che possono orientare l’affiancamento delle persone con disabilità e i loro amici che attraversano la sofferenza e sperimentano la perdita di persone care e la fine della vita.

Un secondo blocco tematico è dato dagli ambiti esistenziali in cui può definirsi il “progetto di vita”. Tra i vari possibili, ne sono stati individuati cinque. Per ciascuno di essi, accanto a una riflessione più generale, vengono indicate delle “buone pratiche” che esemplificano quanto di bene si stia facendo sul territorio
nazionale da parte di istituzioni e persone di buona volontà a favore della realizzazione del “progetto di vita” delle persone con disabilità.

Bruno Bignami, Il lavoro è un progetto di vita. Quando disabilità e dignità fanno rima, affronta il grande tema del lavoro: se, almeno parzialmente, sono state eliminate molte barriere architettoniche, ora il grande sforzo da fare – molto più complesso, come mostra l’esperienza – è di abbattere quelle sociali.
Domenico Fidanza, Scuola Cattolica e inclusione. L’esperienza della “Sacra Famiglia di Nazareth”, riflette sull’importanza educativa dell’istituzione scolastica, al cui interno i minori e i loro formatori trascorrono gran parte delle loro giornate. Egli presenta come modello significativo e riuscito ciò che viene realizzato in una realtà scolastica del suo Ordine di appartenenza.
Giampaolo Mattei, “Forse ce la posso fare anch’io”. Lo sport nella vita delle persone con disabilità?, attraverso il racconto suggestivo dell’esperienza di persone con disabilità che sono diventate atleti e campioni paralimpici, esamina l’apporto che lo sport può offrire alla qualità della vita delle persone con disabilità. Una significativa retrospettiva informa pure sul rapporto tra il mondo dello sport e la Santa Sede.

Al recente rilancio del turismo religioso, fenomeno in grande espansione, è dedicato il contributo di Fernanda Cerrato, Turismo religioso accessibile: la bellezza per tutti! Non più considerato un bene di lusso, ma diritto per tutti ed esperienza umanizzante, il turismo religioso segue oggi logiche assai differenti rispetto al passato e può diventare per la Chiesa una “nuova” occasione di annuncio.
Nell’articolo si suggeriscono alcune attenzioni utili per accogliere al meglio anche le persone con disabilità, che in numero sempre maggiore usufruiscono di questa opportunità di crescita.

Chiude la rassegna la descrizione di quanto viene realizzato in una Residenza Sanitaria per Disabili (RSD). Maria Luisa Galli, La gioia di volersi bene. L’esperienza di Casa “Amoris Laetitia” (Bergamo), presenta una realtà – ordinariamente pensata come un luogo di sofferenza perché accoglie figli con patologie gravissime, spesso con esito infausto – dove la prossimità amorosa di coloro che la abitano trasforma la residenza in un luogo in cui si ravviva di continuo la speranza, dove la morte non ha l’ultima parola.

I MEMBRI DELL’ISTITUTO DI CATECHETICA
catechetica@unisal.it

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