“CER” 7: Modernità e cambio epocale

«Oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca» (Veritatis gaudium, 3): siamo più che convinti dell’affermazione, ma forse non vogliamo assumerne ancora tutte le conseguenze, né tanto meno accettare che il comportamento delle persone sia anzitutto guidato dalla visione culturale o dalla comprensione della realtà propria del gruppo al quale appartengono. Ad ogni modo, un mondo scompare e ne sta emergendo un altro senza che, per la sua costruzione, vi sia un modello prestabilito; i cristiani poi abbiamo un problema in più: eravamo gli artefici principali del disegno che sta dileguandosi e – quasi spontaneamente – non solo ci resistiamo a lasciarlo, ma non possiamo credere che sfugga anche a noi l’immagine del mondo che si deve costruire.

È la cultura a determinare in grande misura le nostre idee e i nostri comportamenti: lo si può affermare tanto nel caso di chi l’accetta come di chi invece l’attacca. Ecco perché il cambio epocale comporta logicamente un certo disorientamento generale del pensiero e della condotta, mentre si cerca di attivare tutti i processi d’interpretazione necessari per arrivare a una comprensione in grado di orientarci nella ricostruzione culturale in atto. Questo libro intende sitarsi in tale ottica interpretativa, con il vivo desiderio di raggiungere l’obiettivo espresso nel sottotitolo: mostrare alcune «prospettive culturali e teologiche contemporanee». È però nel titolo, «Modernità e cambio epocale», la chiave dell’analisi, in quanto è proprio alla modernità che si deve attribuire l’assalto e demolizione del sistema più o meno fisso dei valori e delle finalità che credevamo possedere. In ogni caso, per comprendere il nostro presente, dobbiamo partire dall’Illuminismo moderno che, senza dubbio, costituisce la rivoluzione più significativa del mondo occidentale; in simile impresa, ancora risultano illuminanti le parole di I. Kant che invitano a uscire dallo stato di minorità: «Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!».

 

José Luis Moral è Professore Ordinario di «Pedagogia religiosa» nella Facoltà di Scienze dell’Educazione (Università Pontificia Salesiana di Roma), già professore di Pastorale Giovanile, Direttore dell’Istituto Superiore di Teologia «Don Bosco» di Madrid e della rivista «Misión Joven». Alcune pubblicazioni nell’ambito della pastorale giovanile: Giovani senza fede?; Giovani, fede e comunicazione; Giovani e Chiesa; Pastorale Giovanile. Sfida cruciale per la prassi cristiana (2018). Con la «Las» ha pubblicato: Ricostruire l’umanità della religione (Roma 2014), L’incontro con Gesù di Nazaret (Roma 2016), Cittadini nella Chiesa, cristiani nel mondo (2017).

 

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Introduzione e indice

 

 

 

Scuola e religione in Italia. Quarant’anni di ricerche e dibattiti

di Flavio Pajer.

 

I saggi raccolti nel volume documentano lo sviluppo pluridecennale delle ricerche relative alla discussa presenza della religione nella scuola pubblica italiana. L’autore, testimone diretto del tempo che va dalla vigilia della revisione concordataria fino al presente, esamina l’identità del sapere religioso alla luce delle scienze della religione e dell’educazione; discute la gamma delle posizioni via via emerse nella pubblicistica più informata; opta per una democratizzazione della gestione del patrimonio religioso nella scuola di tutti; elabora modelli e percorsi di alfabetizzazione religiosa nella modernità plurale e post-secolare.

Come degli sherpa: che cosa significa accompagnare

Taciti, soli, sanza compagnia
n’andavam l’un dinanzi e l’altro dopo,
come frati minor vanno per via.
Dante, Commedia, Inferno, XXIII, 1-3

Che cosa significa accompagnare spiritualmente ed educativamente un ragazzo o un adolescente? Si sa che la parola “accompagnare” deriva dal latino “cum+panis”: compagno è colui che mangia il pane insieme a me, che mangia il mio pane o che condivide il suo fino a che le parole “mio” e “suo” perdono di senso; e non può non venire in mente la narrazione dei discepoli di Emmaus nella quale proprio il pane spezzato trasforma lo sconosciuto pellegrino da casuale percorritore della stessa strada a vero accompagnatore spirituale, al quale i discepoli (che adesso si sanno tali) hanno appena chiesto di prolungare il piacere della sua compagnia: “quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero” (Lc 24, 30.31). “Accompagnare” significa diventare compagni e spezzare il pane insieme, ri-conoscersi, dunque, conoscersi di nuovo sulla strada che si sceglie di percorrere insieme.
Condividere il pane ricorda anche il gusto del fermarsi a fare merenda al sacco in certe gite, quando si è stanchi e ognuno mette a disposizione del gruppo quello che ha: “c’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cosa sono per tanta gente?” (Gv 6,9) Accompagnare significa condividere, e fare comunità, realizzare insieme un nuovo modo di vivere: “tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2, 44-45).
La relazione educativa è sempre un faccia-a-faccia, un rapporto tra un “io” e un “tu”, ma è anche sempre questione comunitaria. Accompagnando un allievo si accompagna un mondo e si accompagna se stessi dentro il mondo. Non esiste relazione educativa che possa pensarsi sull’isola di Robinson, perché anche Robinson non era solo, aveva rapporti di memoria, ricordo, attesa che lo riguardavano anche da lontano. Questo è il mistero dell’accompagnamento educativo: porto te, proprio te, in mezzo al mondo, al “tuo” mondo che però cessa subito di essere solo “tuo” per diventare “nostro”, “di altri”, “di tutti”.
Una prima osservazione dunque è che per accompagnare i ragazzi occorrono gesti fisici di riconoscimento; e in quest’epoca nella quale la gestualità corporea e fisica è sostituita dai simboli virtuali è difficile trovare riti e gesti che ci aiutino a riconoscere i nostri compagni di strada; spezzare il pane è diventato difficile anche perché al supermercato lo vendono già affettato, nel tentativo di alleviare ogni sforzo, ogni fatica, ogni atto corporeo. Anche la fatica di alzare un pollice per dire “sono d’accordo” (un significato socialmente determinato e non universale) è sostituita da un click su un social. Chissà se coloro che usano mille volte al giorno questo “like” sanno che, dagli ultimi studi, pare che il pollice rivolto verso l’alto indicasse, negli agoni romani, non la salvezza del gladiatore sconfitto ma la sua morte. Amara ironia per il mondo destoricizzato e banalizzante dei social!
L’accompagnamento è sempre fisico, non è mai virtuale. Non si accompagna l’anima se al contempo non si accompagna anche il corpo. Non ci dispiace nemmeno troppo sottrarci dall’allucinata enfasi che da ogni dove si pone sulle cosiddette “nuove tecnologie” e soprattutto sull’ossimoro “insegnamento a distanza” (che potrebbe essere simile a “cielo liquido” se quest’ultima espressione non fosse infinitamente più poetica). Certo accompagnare significa giocare con le distanze: lasciar andare, contemplare da lontano, eclissarsi, ma il tutto in una prossimità che è fisica anche quando il corpo sceglie di stare un po’ in disparte, come Virgilio quando Dante parla con i suicidi. Accompagnare significa prendere in carico il corpo del ragazzo o della ragazza, con la sua fatica, con il suo piacere e anche con il suo dolore. Un dolore che rimane privato, intimo, anche indicibile a volte, ma che nel momento in cui viene accolto viene anche accompagnato a una possibile soluzione. Dante e Virgilio faticano per le erte vie dell’Inferno e a tratti il lettore si dimentica che uno solo dei due è portatore di un corpo. Stare fisicamente di fianco ai ragazzi, saperli abbracciare senza essere invasivi, sapere quando compiere un gesto e quando astenersene, saper leggere i messaggi del corpo senza trasformarsi in psicoanalisti improvvisati: tutto questo rientra nel bagaglio dell’accompagnatore educativo, tutto questo si può e si deve imparare se si vuole stare realmente a fianco dei ragazzi. Accompagnare è un’arte, ma anche le arti si imparano. Lasciare tutto a un indefinito “talento” educativo significa non considerare gli educatori come dei professionisti.
L’accompagnamento educativo non è uno strumento retorico: non annulla le differenze, non è un pacchetto turistico che vende lo stesso itinerario ad anonimi clienti. Anzitutto ogni ragazzo ha un suo modo di essere accompagnato, e questo pone all’educatore una grande sfida. “Trattare tutti allo stesso modo” è una ovvietà se parliamo di diritti, è falso se ci riferiamo alla relazione educativa, che semmai fornisce a tutti le stesse opportunità ma proprio attraverso relazioni che non sono mai le stesse perché declinate a partire dal singolo. La strada può essere la stessa per tutti, e a volte deve esserlo, ma non è mai lo stesso il passo che si utilizza per percorrerla. L’educatore sa stare al passo di ogni ragazzo, ma soprattutto sa sintonizzarsi sul ritmo degli ultimi: “il mio signore passi prima del suo servo, mentre io mi sposterò a tutto mio agio, al passo di questo bestiame che mi precede e al passo dei fanciulli, finché arriverò presso il mio signore a Seir” (Gen 33,14). Abituati alla retorica dei capi che guidano le masse ponendosi davanti a loro (e magari non accorgendosi che ormai nessuno li segue) abbiamo scordato che la vera guida è quella che prende in braccio un bambino che fatica o un agnellino azzoppato. Accompagnare significa certo stimolare il passo, motivare al cammino, ma non deve trasformarsi in una sfrenata corsa nel quale chi resta indietro è una “perdita collaterale”. Le parole “educazione” e “competizione” non possono vivere insieme, si respingono, si escludono a vicenda. Uno dei tratti più angoscianti della scuola oggi è proprio questo importare al proprio interno categorie competitive che sono deleterie già nell’ambito del mercato e dell’azienda, figurarsi in campo educativo. Ancora una volta la pedagogia ha aperto le porte al cavallo di Troia, e sono sempre meno numerose le Cassandre che cercano di evitare il peggio.
Ma la principale retorica che l’accompagnamento educativo sgretola è quella della presunta uguaglianza di educatore ed educando; non nel senso dei diritti, ovviamente, ma in quello delle responsabilità. Essi non viaggiano paralleli, ma “l’un dinanzi e l’altro dietro”, perché uno conosce la strada e ha la responsabilità di guidare, l’altro deve scoprirla. Spesso sentiamo educatori dire “io non so quale sia la strada da proporre ai ragazzi”, oppure insegnanti affermare “io non ho niente da insegnare”. Aspettiamo che qualche medico dica che non ha nessuna terapia da prescrivere così il cerchio della banale retorica sarà chiuso. Quando un ragazzo si affida a un educatore, chiede che gli si mostri una strada; da percorrere, da abbandonare, sulla quale sdraiarsi, ma comunque una via. E’ sano che l’educatore nutra continuamente dubbi sul senso e sulla direzione del suo lavoro; è un antidoto alla presunzione, all’arroganza o all’abitudine. Ma i dubbi si pongono e si risolvono in equipe, non tra i ragazzi.
Questo significa che la relazione educativa non è democratica? E’ proprio questo il paradosso: educare alla democrazia è possibile anche (non solo: pensiamo alle pratiche di peer education) attraverso una relazione che formalmente non è democratica, perché c’è chi decide e chi no. E anche quando è l’educando a decidere, è l’educatore che “decide chi decide”. Indicare una strada significa assumersi una responsabilità, cosa che chi traveste la relazione educativa in relazione tra pari si guarda bene dal fare. Ovviamente un educatore deve imparare dai propri ragazzi, anzi questa è una delle sue principali qualità professionali. Ma la differenza consiste nel fatto che l’educatore ha tutto il carico delle relazione educativa, e quando impara dai suoi allievi in realtà sta insegnando qualcosa a se stesso. La nostra è un’idea molto forte di educatore, visto che i pensieri deboli hanno portato alla dissoluzione del pensiero, e con esso della pedagogia e dell’educazione.
Nessuna meta è mai certa in un mondo di cambiamenti repentini, nessun cammino è mai tracciato per sempre e definitivamente; ma come educatori non possiamo far naufragare i nostri ragazzi nella retorica per cui la strada si traccia solo percorrendola. “Caminante no hay camino” è uno splendido verso del grandissimo Antonio Machado, ma se lo vogliamo leggere in chiave educativa (come abbiamo sentito fare più volte e spesso senza nemmeno conoscere l’autore della poesia e la sua conclusione) allora occorre chiedersi se sia etico esporre i ragazzi all’”alto mar aperto” dell’assoluta incertezza che confina spesso con il più ancora assoluto relativismo (che è molto meno relativista di quanto sembri, facendo della relatività dei punti di vista il vero assoluto). I due poli opposti dell’arroganza del capo e della disperazione del naufrago non hanno cittadinanza nella relazione educativa. L’educatore è sfuggito al naufragio, è “fuor del pelago”, conosce l’Inferno e cerca di guidare il ragazzo a una qualche strada di salvezza; può darsi che non conosca del tutto la strada, che abbia paura delle sue buche e delle curve cieche, ma sa che una strada esiste.
In questo senso è possibile iniziare il cammino, in questo senso l’accompagnatore è qualcosa di diverso da un dittatore, da un amico, da un’anima sperduta. Occorre saper accendere di speranza e di fiducia l’anima di un ragazzo perché questi possa davvero iniziare il cammino insieme a noi e possa poi raccontare l’inizio dell’avventura educativa: “allor si mosse, e io li tenni dietro” (Inferno, 1, 136)

Inserito in NPG annata 2019.

Pedagogia dell’accompagnamento educativo /1

Raffaele Mantegazza

(NPG 2019-04-64)

Giovani e scelte di vita: prospettive educative

In prossimità della celebrazione del Sinodo dei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, l’Università Pontificia Salesiana e la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium organizzano il Congresso Internazionale “Giovani e Scelte di vita: prospettive educative”.
Il Congresso intende offrire un contributo allo studio del mondo giovanile in rapporto alle scelte di vita a partire dallo specifico punto di vista che qualifica la ricerca universitaria nell’ambito delle scienze dell’educazione e nella prospettiva più generale dell’umanesimo pedagogico cristiano che sta a fondamento del sistema formativo di San Giovanni Bosco.
Il Congresso, che si svolgerà presso l’Università Pontificia Salesiana a Roma dal 20 al 23 Settembre, vedrà riuniti studiosi, educatori, formatori e giovani da ogni parte del mondo, per condividere ricerche, riflessioni, esperienze e buone pratiche.
Le lingue ufficiali del Congresso sono Italiano, Inglese e Spagnolo. Le comunicazioni (Papers) possono essere inviate e presentate durante il Congresso anche in lingua Francese e Portoghese.

 

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 www.giovaniesceltedivita.org

 

I giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Il sinodo è una grande occasione per l’integrazione dei giovani nella vita ecclesiale. Perché si realizzi bisogna avvicinare e incontrare i giovani nelle loro attuali situazioni esistenziali. La grande opportunità che non si deve sprecare è quella di sintonizzarsi sui bisogni nuovi che stanno emergendo e che evidenziano una crescente necessità di interiorizzazione e di ricerca di valori umani spirituali contro l’asfissiante prevalenza di valori materiali. Bisogna riuscire a intercettare queste esigenze e aiutarli a fare scelte significative che possano facilitare l’esperienza di Dio nella vita quotidiana.

Solo intercettando la ricerca di Dio “nascosta nelle domande di senso, di pienezza, di intensa umanità” si potrà cogliere la sensibilità umana aperta alla trascendenza. Se con i giovani si riuscirà ad avere fiducia, attenzione, ascolto e “uno sguardo profondo per scrutare l’animo giovanile dietro un’apparenza che nasconde tesori di interiorità e un’inedita attesa di Dio”, si potrà educare alla fede.

(Dalla Presentazione)

«Bioetica, Giovani ed Educazione religiosa»

L’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione e l’Editrice Elledici di Torino hanno promosso un seminario di studio per l’approfondimento del tema «Bioetica, Giovani ed Educazione religiosa»; per l’occasione, anche S. Em. Rev.ma Mons. Elio Card. Sgreccia, già presidente della Pontificia Accademia per la Vita e presidente della «Fondazione Ut Vitam Habeant» e dell’Associazione «Donum Vitae» è intervenuto per la presentazione della Nuova Enciclopedia di Bioetica e Sessuologia a cura del prof. d. Gianni Russo, Ordinario di Bioetica presso l’Istituto Teologico San Tommaso di Messina, nonché Direttore della Scuola Superiore di Specializzazione in Bioetica e Sessuologia e Membro della Pontificia Accademia per la Vita.

La relazione magistrale del prof. Russo è stata arricchita dall’intervento di tre Docenti della facoltà di scienze dell’Educazione (Proff. Dellagiulia, Moral e Romano), con la presenza, al secondo momento dell’incontro, del Direttore dell’Elledici, Dott. D. Valerio Bocci.

Il Magnifico Rettore Prof. D. Mauro Mantovani ha rivolto un messaggio di benvenuto ai circa 150 partecipanti tra professori dell’Ateneo, studenti e dottorandi, esperti e cultori provenienti da ogni parte d’Italia.

All’incontro hanno partecipato anche S. Em. Rev.ma il Card Tarcisio Bertone, già Segretario di Stato Vaticano, S. Ecc. Rev.ma Mons. Calogero La Piana, Arcivescovo Emerito di Messina. Ha introdotto i lavori il Decano della FSE, prof. Mario Llanos e ha moderato l’incontro il Prof. D. Stefano Tognacci. L’incontro è stato aperto a tutti e si è tenuto presso l’Aula Viganò al IV Piano della Biblioteca Don Bosco dalle ore 15.00 alle 18.30 del 29 maggio 2018.

 

MATERIALI:

locandina – 29 maggio ROMA

RUSSO Bioetica educazione giovani UPS 29.5.18

 

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Alcuni scatti del convegno

Giovani generazioni e «Ricostruzione del cristianesimo»

Il Convegno «IRC–2018» è stata la prima attività della nuova programmazione triennale. La programmazione precedente (2014-2017) si concentrò sui concetti di educazione, apprendimento, insegnamento e istruzione; il nuovo triennio (2017-2010), in linea di continuità con quello anteriore, questo si colloca più esplicitamente nell’ambito della «formazione permanente» dei professori che lavorano all’interno dell’«IRC».

Questa formazione triennale si orienterà in tre direzioni: 1/ «Conoscenza-comprensione» delle giovani generazioni, in sintonia anche con i lavori del prossimo «Sinodo» (2017-2018); 2/ Formazione culturale e teologica (2018-2019); 3/ Formazione pedagogica in relazione al binomio «IRC-identità cristiana» (2019-2020).

Nell’orizzonte di questo progetto, il primo anno della nuova programmazione è dedicato al tema GIOVANI GENERAZIONI E «RICOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO», ed ha preso avvio con questo convegno dal titolo «I giovani, la fede e la religione» con l’obiettivo d’individuare alcuni tratti fondamentali delle nuove generazioni per «pensare e costruire» con loro la fede e la religione, considerando anche l’ipotesi della possibile «riconversione del cristianesimo» che la loro vita porta spontaneamente avanti.

Proprio perché si vuole pensare e costruire con i giovani, il convegno ha stimolato la partecipazione attiva dei partecipanti tramite la creazione e organizzazione di un «FORUM-IRC» nella piattaforma «GECO».

Programma IRC aggiornamento2018

 

Alcune foto:

 

Papa Francesco: con la logica del “si è sempre fatto così” la Chiesa invecchia

Dialogo a tutto campo con i giovani. Parlando in gran parte a braccio e rispondendo alle loro domande, Francesco ha aperto il pre-Sinodo chiedendo ai 300 giovani provenienti dai cinque continenti di aiutare la Chiesa ad abbandonare la logica velenosa del “si è sempre fatto così”. Rispondendo alla domanda di una giovane vittima della tratta, il Papa ha usato parole molto forti: la tratta “è un crimine contro l’umanità, un delitto contro l’umanità, e nasce da una mentalità malata”. Francesco ha fatto notare che in Italia il 90% dei clienti sono battezzati, cattolici, e ha chiesto perdono per loro.

“La gioventù non esiste, esistono i giovani”. I loro volti, i loro sguardi, le loro storie, i loro dubbi, le loro illusioni, la loro audacia nell’affrontare il futuro con coraggio e parresìa. È all’insegna della concretezza e della volontà di ascolto il discorso, in gran parte pronunciato a braccio, con cui il Papa ha aperto il pre-Sinodo dei giovani in corso in Vaticano con 300 ragazzi da tutti i Continenti che si confronteranno per una settimana per elaborare un documento che diverrà parte integrante – come ha garantito lo stesso Francesco – dell’appuntamento di ottobre. La faccia tosta, il coraggio, la capacità di ridere e di piangere, persino i tatuaggi trovano posto nelle parole del Papa, che dopo le testimonianze dei rappresentanti dei cinque continenti ha dialogato ancora a braccio rispondendo ad altre domande dei giovani su argomenti come la tratta, il discernimento, le insidie del mondo digitale, le malattie da evitare nella Chiesa. Che solo con i giovani non invecchia ed è in grado di trovare un antidoto alla logica velenosa del “si è sempre fatto così”.

             “Nei momenti difficili il Signore fa andare avanti la storia con i giovani”,

dice Francesco citando la vicenda di Samuele. I giovani non hanno vergogna. Hanno più forza per ridere, anche per piangere.

“La gioventù non esiste, esistono i giovani”.

Francesco rifiuta con decisione una lettura semplicisticamente sociologica dell’universo giovanile: “Esistono storie, volti, sguardi, illusioni, esistono i giovani”. Parlare della gioventù è facile, basta procedere per astrazioni o percentuali: la via maestra è invece quella di seguire i giovani, che certo “non sono il Premio Nobel della prudenza”. “Qualcuno pensa che sarebbe più facile tenervi a distanza di sicurezza, così da non farsi provocare da voi”, il monito: “Ma non basta scambiarsi qualche messaggino o condividere foto simpatiche. I giovani vanno presi sul serio!”.

“Mi sembra che siamo circondati da una cultura che, se da una parte idolatra la giovinezza cercando di non farla passare mai, dall’altra esclude tanti giovani dall’essere protagonisti”, la denuncia del Papa: “È la filosofia del trucco”, di quegli adulti che si truccano per sembrare più giovani ma poi non fanno spazio ai giovani, li lasciano giovani, non li lasciano crescere.

 

“Spesso siete emarginati dalla vita pubblica e vi trovate a mendicare occupazioni che non vi garantiscono un domani”, le parole per stigmatizzare i dati sulla disoccupazione giovanile. Un giovane che non trova lavoro “si ammala di depressione, cade nelle dipendenze, si suicida”. “Le statistiche sui suicidi giovanili sono tutte truccate”, tuona il Papa. “Questo è un peccato sociale, e la società è responsabile di questo”, esclama.

Con il Sinodo, spiega Francesco, la Chiesa vuole

“mettersi in ascolto dei giovani, nessuno escluso”, “non per fare politica o per una artificiale ‘giovano-filia’, ma perché abbiamo bisogno di capire meglio quello che Dio e la storia ci sta chiedendo”.

“Cosa cerchi nella tua vita? Dillo, ci farà bene ascoltarlo. Di questo abbiamo bisogno: di sentire il vostro cammino nella vita”, la domanda-simbolo del tema dell’appuntamento di ottobre: il discernimento.

“I giovani oggi chiedono alla Chiesa vicinanza”: no, allora, ai “guanti bianchi”, alla tentazione di “prendere le distanze per non sporcarsi le mani”, sì invece alla sfida di ringiovanire la Chiesa imparando dai giovani a “lottare contro ogni egoismo e a costruire con coraggio un giorno migliore”, come ha chiesto loro il messaggio del Concilio.

“Un uomo, una donna che non rischia non matura: un’istituzione che fa scelte per non rischiare rimane bambina, non cresce”, il monito del Papa: se un giovane non rischia va in pensione a 20 anni, e con lui invecchia anche la Chiesa.

 

Sono i giovani, per Francesco, l’antidoto alla logica del “si è sempre fatto così”,

che è un veleno per la Chiesa, “ma un veleno dolce, perché ti tranquillizza l’anima, ti lascia come anestetizzato e non ti fa camminare”. “Un passo avanti”, ma guardando le radici, l’itinerario di marcia suggerito ai giovani. La loro impronta è la creatività, ma le radici sono i vecchi, i nonni, quelli che hanno vissuto la vita e che sono vittime dalla “cultura dello scarto”.

La tratta “è un crimine contro l’umanità, un delitto contro l’umanità, e nasce da una mentalità malata”, secondo la quale “la donna va sfruttata”. Rispondendo alla domanda di una giovane vittima della tratta, il Papa fa notare che in Italia il 90% dei clienti sono battezzati, cattolici, e chiede perdono per loro.

Il mondo virtuale non va demonizzato, ma se non è adeguatamente padroneggiato “può arrivare ad un livello di alienazione così grande che rende la nostra società non soltanto liquida, come diceva il grande Bauman, ma gassosa”. “Usare il mondo virtuale ma con i piedi per terra”, perché non ci schiavizzi, la ricetta in risposta ad una giovane argentina di Scholas Occurrentes.

Il clericalismo e lo spiritualismo esagerato sono due malattie che vanno assolutamente evitate, spiega Francesco ad un seminarista di Leopoli. “Quando tu vedi un prete mondano, è brutto, è peggio”, incalza il Papa. Ma anche le nostre comunità hanno i loro vizi, come il terrorismo delle chiacchiere.

“Con i giovani non ci si deve spaventare mai”, neanche dei tatuaggi, perché “sempre, dietro alle cose non tanto buone c’è qualcosa che ci fa arrivare a qualche verità”.

“La vera formazione religiosa nella vita consacrata deve avere quattro pilastri: vita spirituale, vita intellettuale, vita comunitaria e vita apostolica”, ricorda Francesco ad una giovane suora cinese che studia teologia a Roma e che gli regala una sciarpa rossa, calda e del colore della gioia. “Il demonio entra dalle tasche”, avverte stigmatizzando i preti e le suore attaccati ai soldi.

GIOVANI GENERAZIONI E «RICOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO»

Il Convegno «IRC–2018» è la prima attività della nuova programmazione triennale. La programmazione precedente (2014-2017) si concentrò sui concetti di educazione, apprendimento, insegnamento e istruzione; il nuovo triennio (2017-2010), in linea di continuità con quello anteriore, si colloca più esplicitamente nell’ambito della «formazione permanente» dei professori che lavorano all’interno dell’«IRC». Inoltre, questa formazione si orienterà in tre direzioni: 1/ «Conoscenza-comprensione» delle giovani generazioni, in sintonia anche con i lavori del prossimo «Sinodo» (2017-2018); 2/ Formazione culturale e teologica (2018-2019); 3/ Formazione pedagogica in relazione al binomio «IRC-identità cristiana» (2019-2020).

Nell’orizzonte di questo progetto, il primo anno della nuova programmazione è dedicato al tema GIOVANI GENERAZIONI E «RICOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO», si inizia con questo convegno su «I giovani, la fede e la religione» e il seguente obiettivo fondamentale: Individuare alcuni tratti fondamentali delle nuove generazioni per «pensare e costruire» con loro la fede e la religione, considerando anche l’ipotesi della possibile «riconversione del cristianesimo» che la loro vita porta spontaneamente avanti. Proprio perché si vuole pensare e costruire con i giovani, tale obiettivo include la creazione e organizzazione di un «FORUM-IRC» nella piattaforma «GECO».

 

Iscrizioni e informazioni

Segreteria Istituto di Catechetica

Università Pontificia Salesiana

Piazza Ateneo Salesiano, 1

00139 Roma.

¡ Tel. 06 87290651

¡ Fax 06 87290.354 

¡ E-mail: catechetica@unisal.it

  „ Orario di ufficio: Martedì e Giovedì, dalle 9 alle 12.30.

„ Le iscrizioni al Convegno devono pervenire via Fax o Mail entro il 5 marzo 2018 alla Segreteria

 

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Convegno IRC dépliant 2018

Programma IRC aggiornamento2018

Scheda d’iscrizione al Convegno IRC 2018

Informazioni logistiche per iscrizione

 

Accompagnamento spirituale dei giovani: buone pratiche

GIORNATA DI STUDIO (Roma, 15 dicembre 2017)

«La Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori». Sono le parole che papa Francesco rivolse ai giovani, nella sua Lettera in occasione della presentazione del documento preparatorio al Sinodo dei Giovani (ottobre 2018): «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». È una grande opportunità per noi adulti, non solo per aprire un confronto franco con i giovani, mettendoci in loro ascolto allo scopo di percepire la voce del Signore che risuona oggi nella Chiesa, ma anche per interrogarci sulla nostra fede e su come accompagnarli a riconoscere ed accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza.

In questo cammino ecclesiale si inserisce la Giornata di studio organizzata dall’Istituto di Teologia spirituale dell’Università Pontificia Salesiana che si terrà nella mattina del 15 dicembre. Le quattro proposte di accompagnamento che verranno presentate sono ben differenziate, come diversi sono i giovani protagonisti della missione educativa, ma hanno un obiettivo comune: accompagnare la loro crescita integrale proponendo gradualmente come meta una misura alta di vita umana e cristiana. L’associazione dei laici impegnati nell’Azione Cattolica, eredi di una lunga storia a servizio della Chiesa nelle singole diocesi, si propone di avviare i giovani verso la responsabilità in un cammino personale e comunitario di formazione cristiana. L’Associazione privata internazionale che unisce i fedeli di Nuovi Orizzonti, iniziata nel ’91 e approvata dalla Santa Sede l’8 dicembre del 2010, predilige l’incontro con giovani che vivono in situazioni di grave disagio ed hanno fatto della strada la loro casa. La Comunità Canção Nova, che ha preso inizio con un gruppo di dodici persone nel 1978 e fu riconosciuta dalla Chiesa nel 2008 come Associazione internazionale di fedeli, promuove l’esperienza dell’incontro comunitario dei giovani valorizzando in modo particolare l’utilizzo dei media e dei new-media. Suor Aurora Consolini, Figlia di Maria Ausiliatrice, accompagna i ragazzi del Carcere, a Casal del Marmo, infondendo in loro speranza per un futuro tutto da ricostruire.

Trattandosi di una attività complementare al corso istituzionale di Accompagnamento spirituale dei giovani, sono stati gli studenti stessi a proporre un momento di forte riflessione e di condivisione, non tanto sulla “teoria” dell’accompagnamento, quanto sulla sua prassi. Sulla falsariga della terza parte del Documento Preparatorio del Sinodo, essi hanno chiesto ai responsabili delle diverse proposte formative di poter far vedere come riescono ad uscire, vedere e chiamare i giovani. A questo scopo, hanno anche formulato alcune precise domande: 

  • Quali sono le problematiche più urgenti della vita dei giovani?

  • Nel vostro primo approccio coi giovani, quali difficoltà avete riscontrato? Come ne siete usciti?

  • Come rispondete ai bisogni concreti dei giovani oggi? Quali percorsi proponete?

  • Ciò che proponete, viene accolto dai giovani? Ci sono delle resistenze?

  • Come fate per raggiungere altri collaboratori? Avete dei percorsi per formatori? 

  • Quali sono i rischi dell’accompagnamento nella relazione con i giovani?

  • Avete da chiedere qualcosa ai Centri di Studio come il nostro? Cosa potremmo fare?

    Una società sempre più rumorosa ha bisogno di credenti autorevoli, con chiara identità umana, solida appartenenza ecclesiale, visibile qualità spirituale, vigorosa passione educativa e profonda capacità di discernimento per aiutare i giovani a fare rilettura delle loro esperienze ed ascoltare la propria coscienza. È l’augurio che esprimiamo offrendo questa iniziativa ai giovani studenti, docenti e amici dell’Università Pontificia Salesiana.

     

    Jesus Manuel García Gutiérrez