Spunti dal convegno di aggiornamento per gli insegnanti di religione…

L’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana di Roma ha promosso un incontro di due giorni con gli Insegnanti di religione di ogni ordine e grado lo scorso 23-25 marzo con sede l’Istituto Salesiano S. Cuore in Via Marsala 42.

La riflessione dell’Istituto di Catechetica ha messo al centro del dibattito il tema delle competenze e dei profili che fermenta la Scuola attuale  promuovendo, nella pedagogia specifica ermeneutica, alcune indicazioni applicative per l’intervento educativo del Docente di Religione Cattolica ed una precisa definizione per ciascuna delle discipline in oggetto.

Programma Convegno 2012

Copertina Convegno 2012


Vi proponiamo i materiali relativi agli interventi:

Sabato, 24

Prof. Michele Pellerey.

Traguardi per lo sviluppo e profili di competenza nella scuola attuale     clicca su: Pellerey

Prof. Cesare Bissoli.

Le competenze per l’IRC: Le indicazioni CEI       clicca su: Bissoli

Prof. Sergio Cicatelli.

“Profili degli studenti e competenze prodotte dall’IRC”       clicca su: Cicatelli

Prof. Wierzbicki Miroslaw.

Competenza nel contesto europeo      clicca su: MIROSLAW

Prof. Corrado Pastore.

La competenza nell’IRC e l’uso delle fonti bibliche       clicca su: Pastore

Domenica 25

Prof. Zelindo Trenti.

Il linguaggio religioso alla  base della competenza professionale    clicca su: trenti

Prof. Roberto Romio.

Traguardi di sviluppo e profili nell’apprendimento: Dimensione didattico-sperimentale   della competenza       clicca su: ROMIO

Ancora…

Esercitazioni pedagogico-didattiche sulle competenze nell’Irc   clicca su: Astuto-Carnevale-Cursio


L’abbandono e la dispersione scolastica… riflessioni da un convegno

L’abbandono e la dispersione scolastica sono stati al centro del convegno nazionale del Msac (Movimento studenti di Azione Cattolica), “Se mi lasci non vale”, che si è tenuto a Napoli dal 20 al 22 aprile.

L’obiettivo del “Mo.Ca” (il Movimento in cantiere) è stato “indagare le cause ma, soprattutto, elaborare idee per una scuola che sia vera palestra di vita, che insegni ad amare la cultura e dia senso e sapore allo studio dei più giovani”.

Tempi tristi. Con Franco Venturella, provveditore di Vicenza, è stato analizzato il tema della “Scuola che perde”. Ma quali sono i punti deboli del nostro sistema di istruzione? Per Venturella, “la scuola perde quando non la sentiamo inserita nel nostro progetto di vita, quando non educa al rispetto degli altri e delle istituzioni, quando si chiude nel nozionismo, ritenendo la cultura qualcosa di effimero”. Quando la scuola non riesce ad appassionare i giovani, i risultati si vedono. Così a Speranzina Ferraro, della Direzione generale per lo studente del Miur (ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), è toccato offrire qualche dato sull’abbandono e sulla dispersione scolastica. Innanzitutto, ha precisato Ferraro, “in Italia il concetto di dispersione scolastica racchiude diversi fenomeni”, mentre “l’abbandono scolastico fa riferimento a tutte le forme di abbandono dell’istruzione e della formazione prima del completamento dell’istruzione secondaria superiore o dei circuiti di formazione professionale”. Ferraro ha ricordato che “nel giugno 2002 il Consiglio Ue ha adottato la strategia ‘Europa 2020’. Uno dei 5 grandi obiettivi è la riduzione, entro il 2020, del tasso di abbandono scolastico nell’Ue a meno del 10%”. In questo tempo “ci sono stati progressi, mentre in Europa il tasso medio è del 14%, in Italia è del 19,2%. Il numero in termini assoluti di giovani di età compresa tra i 14 e i 18 anni che abbandonano la scuola è di circa 190–200 mila”. La maglia nera per il numero di studenti che nell’anno scolastico 2006/2007 hanno abbandonato gli studi va alla Campania: “Sono più di 7.000 studenti. Subito dopo segue la Sicilia con 6.000 abbandoni, poi la Puglia, seguita da Lombardia e Sardegna”. Un momento centrale della seconda giornata è stato il confronto dei partecipanti con Marco Rossi Doria, sottosegretario al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

I risultati dei laboratori.  Nell’ultima giornata dei lavori è stata presentata la sintesi dei lavori dei laboratori, centrati su tre temi: cultura della valutazione, orientamento e scuole aperte. Per quanto riguarda il primo, spiega al Sir Elena Poser, segretaria nazionale del Msac, “talvolta un brutto voto o una valutazione data con leggerezza possono cambiare la vita degli studenti, tanto da compiere persino atti sconsiderati”. In realtà, “la valutazione dovrebbe analizzare le conoscenze, le competenze ma anche prendere in considerazione il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni studente”. Inoltre, occorrerebbe “dare maggior peso ai crediti formativi e imporre una scala di valutazione da 1 a 10 per poter far sì che scattino realmente gli scaglioni per l’acquisizione dei crediti”. Ci dovrebbe essere, poi, “un’esplicitazione dei criteri sulla base dei quali si è valutati”. Rispetto al tema dell’orientamento, sono stati sottolineati alcuni aspetti: in entrata, la necessità di “un percorso di diversi incontri suddivisi in fasi”, “l’aiutare i ragazzi a far discernimento, “l’accompagnamento in itinere, nei primi anni di superiori”; in uscita, “incontri-testimonianze con studenti e lavoratori”, “esperienze concrete”, “informazione a 360°” per una scelta consapevole. Infine, il laboratorio sulle scuole aperte, ha messo in evidenza che questo tipo di progetto “per i genitori deve servire a sensibilizzare per incoraggiare sempre i propri figli” e “per gli studenti farli sentire cittadini responsabili e coltivare i propri sogni”. Tra le proposte concrete emerse, ci sono “attività per educazione alla cittadinanza, educazione alla conoscenza del territorio, valorizzazione delle strutture e degli strumenti delle scuole”, “punti d’incontro tra genitori e docenti per creare confronto e formare una vera comunità scolastica”.

Esperienze sul territorio. Sempre domenica 22 aprile c’è stata la presentazione dei maestri di strada e del consorzio “Agrorinasce”. “Con loro – racconta Poser – abbiamo fatto conoscenza con realtà che ogni giorno si occupano di lotta alla dispersione scolastica e alla legalità nelle scuole. Ai nostri ospiti abbiamo provato a chiedere gli ingredienti di una ricetta per la realizzazione di progetti che possano davvero permettere al territorio e alle scuole di crescere”. Fra le altre cose, continua la segretaria nazionale del Msac, “ci hanno detto che sicuramente è essenziale fare un’analisi oggettiva del territorio dove si abita e dove si vuole operare, dopo di che è utile mettere in rete diversi soggetti (associazioni, enti locali…) che possano lavorare insieme. Hanno, però, anche evidenziato come un limite rilevante per lo sviluppo di tali progetti sia, soprattutto oggi, il reperimento di fondi e risorse perché questi progetti possano essere realmente realizzati oltre alla visibilità che a questi viene attribuita”.

Articolo del 23 Aprile 2012

 

 

Riflessioni all’apertura del convegno: “Impegno comune per una Irc di qualità”

Si è tenuto oggi a Roma il Convegno nazionale dei direttori e responsabili IRC, sul tema “Impegno comune per un Irc di qualità“organizzato per la prima volta congiuntamente dal citato Servizio e dal Servizio nazionale per gli Studi superiori di teologia e di scienze religiose della Cei.

Riportiamo di seguito le riflessioni di mons. Vincenzo Annicchiarico, responsabile del Servizio nazionale per l’Irc della Cei, che ha aperto i lavori del convegno.

L’ora di religione oggi “è chiamata a fare i conti con i cambiamenti profondi del tessuto sociale in cui si situa, ma anche ad aprirsi a nuove prospettive di collaborazione e di sviluppo”.

Due, ha spiegato il relatore ai circa 340 convegnisti presenti a Roma, le “parole chiave” su cui i due Servizi Cei hanno lavorato: “sinergia e qualità”, prefigurando “la possibilità di un cammino di convergenza che coinvolga più soggetti nella realizzazione di itinerari di formazione che, pur nella diversità degli approcci, pongano al centro la persona e la sua formazione integrale secondo la visione cristiana”.

Gli Orientamenti pastorali della Cei, ha sottolineato mons. Annicchiarico,guardano all’Irc con molta attenzione, collocandolo nell’orizzonte dell’educazione ed evidenziando, da una parte, la necessità del suo corretto riferimento alla scuola e alle sue finalità e, dall’altra, sollecitando una speciale attenzione all’Irc come risorsa per l’intera comunità ecclesiale”.


Impegno culturale. “L’Irc – ha proseguito il responsabile del Servizio Cei – non è solo una ‘officina di senso’ come ogni altra disciplina scolastica, ma è anche l’espressione dell’impegno culturale della Chiesa”, grazie allo “statuto” della disciplina stessa, che ha come elementi di fondo “gli interrogativi su Dio, l’interpretazione del mondo, il significato e il valore della vita, le norme dell’agire umano”. In questa prospettiva, l’Irc va proposto “come una delle vie privilegiate per accedere ai significati del patrimonio storico, artistico, culturale e sociale dell’Italia e dell’Europa”, in quanto “ha un suo ruolo specifico nella formazione globale della persona”. Negli Orientamenti, ha ricordato mons. Annicchiarico, si riconosce l’Irc come “una forte espressione dell’impegno educativo della Chiesa”: gli stessi insegnanti di religione cattolica “ricevono la loro formazione iniziale nelle strutture accademiche della Chiesa e possono essere accompagnati nella formazione in servizio con corsi di qualità”, in accordo con gli Uffici o Servizi diocesani e regionali dell’Irc e grazie al “significativo ruolo svolto dalla Santa Sede”.

Risposta di senso. Una risposta di “senso”, nel tempo della “incertezza dell’umano”. È l’identikit dell’Irc fornito da mons. Piero Coccia, arcivescovo di Pesaro e membro della Commissione Cei per l’Educazione, la scuola e l’università. “Voi – l’appello del relatore agli insegnanti di religione – non siete chiamati a formare le persone al ‘consenso’ della convenienza o dell’omologazione, né al ‘dissenso’ del pregiudizio o della irresponsabilità, ma alla vera ricerca di ‘senso’, perché la persona, ogni persona e tutta la persona possa realizzarsi in pienezza”. Oltre alla crisi economica, alla crisi di carattere sociale e alla “conclamata” crisi della politica – ha esordito il presule – oggi siamo in presenza di una crisi antropologica, come scrive il Papa nella Caritas in Veritate, cioè siamo alle prese “con la perdita di un’identità condivisa in merito alla definizione dell’umano”. In una “stagione storica segnata dai progressi della scienza e della tecnica”, il paradosso per mons. Coccia è che tutto ciò “si concretizza non per un aumento di certezze, quanto per una assenza di criteri certi” tramite i quali valutare le conseguenze “etiche, morali e spirituali delle nostre azioni”. “Il Dna del popolo italiano e della sua storia risiede nel cattolicesimo”, ha ricordato il vescovo: di qui la centralità di Irc come disciplina scolastica, particolarmente adatta anche a “sviluppare quel senso critico tanto necessario nella formazione quanto a volte poco curato”, grazie al “confronto con altre religioni ed altre mondovisioni”.

Abitare lo spazio pubblico. Nello spazio pubblico, “coloro che fanno opinione non sono più anzitutto le autorità politiche o religiose e neppure le autorità scientifiche istituzionali, ma sono i giornali e i giornalisti, la tv, la rete Internet, gli autori di libri di successo, gli artisti e i cantanti più in voga, gli stessi personaggi noti dello sport”.

È l’analisi di Giovanni Ferretti, rettore e docente emerito dell’Università di Macerata. “Se non vogliamo che la nostra fede religiosa finisca nel ghetto di ristrette comunità identitarie, con un proprio linguaggio ‘misterico’ ad esclusivo uso interno – l’appello del relatore –, abbiamo il dovere di renderla presente in questo spazio pubblico in modo intelligente, comprensibile, credibile ed anche interessante, agganciandoci ad interrogativi e desideri umani profondamente sentiti”. In particolare, ha ammonito il filosofo, “il nostro linguaggio religioso non dovrebbe mai parlare di Dio o delle verità religiose cristiane come di una ‘cosa in sé’ indifferente alla nostra vita concreta, ma dovrebbe sempre curare di mettere in luce i risvolti esistenziali di promozione dell’umano”, senza rimanere “nelle retrovie” di tali “frontiere”. L’obiettivo: contrastare “tutte le disumanità che ancora opprimono e deformano l’uomo”.

Un progetto condiviso
Per la formazione degi Idr: diocesi, facoltà e istituti

Una “alleanza costruttiva” tra Uffici diocesani e Istituti superiori di scienze religiose, per un progetto diocesano di formazione permanente degli insegnanti di religione. Ad auspicarla è stata Rita Minello, pedagogista dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, intervenuta alla tavola rotonda promossa all’interno del Convegno sull’Irc, e moderata da Paolo Bustaffa, direttore del Sir. Soffermandosi sullo scenario europeo, la relatrice ha richiamato il modello dell’insegnante come “agente morale”, che registra un “rinnovato interesse”. Tale modello, “declinabile secondo posizioni etiche differenti”, richiede una formazione permanente in grado di “seguire lo sviluppo identitario dell’insegnante considerando le sue disposizioni personali insieme a norme professionali, mediante pratiche che facilitino l’incontro con qualità intellettuali e morali, incluse quelle necessarie all’apprendimento disciplinare”, come “sincerità, empatia, chiarezza, obiettività, perseveranza, creatività, precisione e tolleranza”. Di qui la necessità di “concentrare l’attenzione su aspetti sostanziali e contestuali, non solo strutturali, dei programmi di formazione degli insegnanti”, attraverso “una piattaforma comune, una forma di alleanza costruttiva” tra Ufficio diocesani e Issr, per un processo diocesano di formazione permanente.

Comunità educante. Anche se la “tipologia” degli studenti è “varia”, ciò da cui non si può prescindere “è la creazione di una comunità educante, che forma non solo nell’ora di lezione”. Ne è convinto Andrea Toniolo, responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di teologia e di scienze religiose e preside della Facoltà teologica del Triveneto. Ciò che le facoltà teologiche dovrebbero offrire a chi li frequenta, secondo Toniolo, è “un clima positivo di relazioni e di fiducia, l’accompagnamento personale e tutoriale dello studente, l’offerta di proposte integrative, la cura dei servizi e delle una proposta didattica articolata”. “Educare vuol dire innanzitutto far fare esperienza, non trasmettere nozioni o informazioni, e il periodo universitario è innanzitutto un’esperienza di vita”, ha puntualizzato il relatore, che ha citato uno scritto di Romano Guardini sull’Università, del 1954, intitolato “La responsabilità dello studente per la cultura”. Quattro, scrive quest’ultimo, sono i motivi che possono spingere uno studente a frequentare l’Università: “l’atmosfera di libertà che vi incontra; la preparazione alla professione, la base della sua vita futura; il desiderio e la volontà di dedicarsi alla ricerca, ‘scintilla di volontà’ che deve mantenersi anche nel lavoro; la ricerca della verità, non solo dell’esattezza delle scienze”.

Non solo “Bibbia e giornale”. “Pensare tutti con la propria testa. È questo il lavoro che voglio fare con voi”. Don Ciro Marcello Alabrese, direttore dell’Irc della diocesi di Taranto e responsabile regionale dell’Irc per la Regione Puglia, ha iniziato il suo intervento con questa citazione del film “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, che racconta la storia di don Pino Puglisi. Per il relatore, risultano ancora attuali le parole pronunciate da don “Tre P”, insegnante di religione cattolica, entrando in una classe secondaria di 2° grado per presentare il suo programma. “Ritengo che tutti i direttori qui presenti vorrebbero tra i propri insegnanti di religione cattolica don Pino Puglisi”, ha detto don Alabrese. Ma “senza una formazione adeguata”, oggi neanche la metodologia “affascinante e vincente” della “Bibbia e giornale” è più sufficiente: di qui la necessità, per il relatore, di valorizzare il tirocinio degli insegnanti di religione cattolica, che “diventa un’occasione privilegiata non solo per una verifica dell’apprendimento realizzato ma anche per una propedeutica alla selezione dei futuri insegnanti di religione”, ha assicurato don Alabrese forte dell’esperienza decennale nella sua diocesi in questo campo.

Lavorare in sinergia. “Lavorare in sinergia per realizzare la formazione permanente significa orientare le proprie iniziative verso la crescita in umanità con pieno inserimento e valorizzazione della cultura; maturare l’unità della persona integrando i valori di vita con l’esperienza professionale; aprirsi alla relazionalità con i docenti e con gli alunni; incrementare la didattica imparando a gestire il rapporto teoria e pratica per crescere nelle competenze disciplinari e relazionali richieste dalla professionalità docente”. Con queste parole suor Maria Luisa Mazzarello, docente emerito alla Pontificia facoltà di scienze dell’educazione “Auxilium” di Roma e direttore dell’Irc della diocesi di porto Santa Rufina, ha illustrato lo stile della collaborazione tra l’Ufficio Irc della diocesi di Porto Santa Rufina e l’Auxilium , che da 13 anni si impegnano insieme per la formazione permanente e l’aggiornamento degli insegnanti di religione, con 150 insegnanti coinvolti. L’offerta formativa – ha spiegato la religiosa – “media conoscenze biblico-teologiche, abilità educative e didattiche, esercitazioni di teoria e pratica che maturano abilità all’accoglienza, al dialogo, alla collaborazione e alla ricerca”. Dal 2007-2008, un gruppo di insegnanti di religione, formato da referenti dei diversi gradi scolastici, svolge opera di “supporto alla formazione”.

15° Forum europeo per l’insegnamento della religione

 

L’insegnamento della religione e la coesione sociale in Europa. Proposte per la formazione degli insegnanti”. È il tema del 15° Forum europeo per l’insegnamento scolastico della religione in Europa, organizzato a Madrid da domani al 15 aprile.

Un incontro proposto dall’Eufres (European forum for religious education in schools) che prosegue una riflessione continua, in questi anni, sul ruolo e l’importanza dell’insegnamento religioso nelle scuole europee, nella diversità di organizzazione e “peso” tipica dei diversi Stati. E all’interno proprio delle diversità è attenta a cogliere gli elementi che fanno dell’insegnamento scolastico un contributo importante all’educazione dei cittadini e alla costruzione dell’Europa.
Qui sta il punto. L’analisi delle società europee presenta molte diversità a proposito della considerazione della religione nello spazio pubblico europeo e in particolare per quanto riguarda la presenza dell’insegnamento religioso nelle scuole. La ricerca svolta negli anni scorsi dal Ccee (Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa) insieme alla Cei (Conferenza episcopale italiana), unitamente a tanti altri percorsi di studio sulla situazione del Continente, ha messo in luce come l’insegnamento della religione contribuisca efficacemente allo sviluppo delle giovani generazioni in Europa e svolga un interessante compito sia per il riconoscimenti dei diritti fondamentali delle persone, sia per la crescita delle società nella direzione della libertà e dell’inclusione sociale. Il tutto in scenari non sempre omogenei, talvolta attraversati da pressioni che contrastano la presenza della religione e delle Chiese negli spazi pubblici o, in altre situazioni, tendono ad estendere la dimensione confessionale, configgendo con esigenze di laicità che pure in Europa sono ben evidenziate.
In questi scenari acquista particolare importanza la consapevolezza dei protagonisti del mondo della scuola e in particolare dell’insegnamento della religione, a cominciare – poiché è la realtà più diffusa – dalle stesse Chiese che in molti Stati garantiscono un’offerta di insegnamento confessionale. La tensione educativa, il rispetto della laicità, la qualità dell’insegnamento hanno ripercussioni forti e inevitabili sulla problematica della formazione dei docenti. È questo, ad esempio, una delle “sfide” evidenziate proprio dalla recente ricerca Ccee-Cei, che invitava, anche nel documento finale, le Chiese ad una particolare e attenta considerazione degli insegnanti di religione, raccogliendo le sempre nuove esigenze di formazione.
Di questo, tra l’altro, si parlerà a Madrid. Ed è importante che vi sia l’occasione di raccogliere, attraverso la testimonianza di studiosi di diverse parti d’Europa, se non lo “stato dell’arte”, quantomeno le linee di tendenza. Un passo avanti per una scuola e una società europea sempre più attenta alle persone, a tutte le dimensioni dell’uomo.

Alberto Campoleoni, inviato Sir Europa a Madrid

Convegno nazionale: “Impegno comune per un IRC di qualità”

 

Si svolgerà a Roma nei giorni 16-17 aprile 2012 il Convegno nazionale dei direttori e responsabili IRC, sul tema “Impegno comune per un Irc di qualità“.

 

Il Servizio Nazionale per l’Irc e il Servizio Nazionale per gli Studi Superiori di Teologia e di Scienze Religiose della CEI hanno scelto di celebrare congiuntamente (per l’anno 2012) il Convegno Nazionale dei Direttori e Responsabili diocesani dell’Irc e quello dei Presidi delle Facoltà Teologiche e dei Direttori degli ISSR allo scopo di promuovere e consolidare l’impegno comune a favore della formazione iniziale e permanente dei docenti di religione cattolica (Idr).

Il Convegno farà emergere spazi di cooperazione tra Uffici/Servizi diocesani e regionali per l’Irc, Facoltà Teologiche e ISSR.

Le relazioni e i lavori saranno mirati ad approfondire, da una parte, l’identità della disciplina Irc nell’ordinamento scolastico italiano e, dall’altra, il quadro di riferimento costituito dai nuovi ordinamenti degli ISSR, varati dalla CEC a partire dal 2005.

L’incontro potrà mettere in luce anche le potenzialità ancora inespresse del progetto di riordino, chiarire le problematiche legate ai passaggi dal vecchio al nuovo assetto degli istituti e gettare le basi per una più generalizzata collaborazione con particolare attenzione alla pratica dei tirocini dell’Irc.

Sono diponibili il Programma dettagliato e la nota di esonero del MIUR per gli insegnanti.

la fuga dall’ora di religione nelle scuole italiane – dossier

Proponiamo i dati dell’ultimo rapporto della Conferenza Episcopale Italiana sull’insegnamento della religione nelle scuole.

I dati della Cei: per la prima volta la quota di chi non fa l’ora di religione supera il 10%. In testa le superiori e le scuole del Nord e del Centro. E crescono anche i docenti specialisti, ovvero i laici dedicati all’insegnamento. Complice il calo di vocazioni, sono l’88%

NON SI ARRESTA la fuga dall’ora di religione nelle scuole italiane. L’ultimo rapporto del Servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per l’insegnamento della religione cattolica conferma un trend che sembra ormai ormai inarrestabile. Per la prima volta dal 1993/1994, quando venne fatta la prima rilevazione, la quota di alunni che preferiscono uscire dalle classi quando entra l’insegnante di religione scende sotto il 90 per cento: l’89,8, per la precisione. E la pattuglia di coloro che, mentre il prof di religione parla di Gesù e di fede, si dedicano ad altro sfiora le 800 mila unità. 

Ma l’annuale dossier della Cei, relativo all’anno scolastico 2010/2011, conferma un altro trend: gli specialisti di religione – coloro che insegnano esclusivamente questa materia, designati dai vescovi delle 226 diocesi italiane – sono in costante in aumento. Con sacerdoti, religiosi e religiose in “via d’estinzione”. L’ordine di scuola dove le defezioni sono più consistenti è la scuola superiore, con poco più di 16 ragazzi su 100 che escono dalle aule durante l’ora di religione. 

Un fenomeno concentrato soprattutto nelle regioni settentrionali e dell’Italia centrale. Al Nord le “fughe” sfiorano il 27 per cento e il 19 al Centro. Al Sud invece cambia tutto: appena 2,4 diserzioni su cento. Ma rispetto all’anno scolastico 2009/2010, a livello nazionale, al superiore si registra un’inversione di tendenza. Due anni fa, la quota di genitori o alunni che hanno sottoscritto l’apposito modulo per evitare le discussioni dell’ora di religione è stata del 16,5 per cento. In tutti gli altri segmenti della scuola pubblica italiana, probabilmente a causa della forte componente di immigrati che professano altre religioni, si registrano incrementi. 

Con un record, più uno per cento secco, alla materna: che passa dal 7,5 all’8,5 per cento di forfait in appena 12 mesi. Al superiore i meno avvezzi a “prediche” e discorsi intorno alla morale o ai problemi dei giovani sono gli studenti dei licei artistici (individuati nel dossier come “altre” tipologie di scuole): 21,2 per cento. Seguono i ragazzi dei professionali, che disertano l’ora di religione in 20,7 su cento, e i compagni dei tecnici. La maggior parte di questi, il 57,3 per cento, esce dalla scuola. La restante parte si dedica ad “attività didattiche e formative alternative” oppure ad attività di “studio: assistito o non assistito”.   

E anche quest’anno il complesso universo degli insegnanti reclutati dallo stato per impartire le lezioni di religione si arricchisce di qualche centinaio di unità. Gli specialisti, infatti, passano dai 12.894 del 2009/2010 ai 13.166 dell’anno successivo, facendo segnare un più 2 per cento. Unica “materia” della scuola italiana che negli ultimi anni contrassegnato da tagli sopra tagli può vantare un trend positivo. Ma che, per effetto del calo delle vocazioni, viene sempre più affidata a laici: ormai 88 su cento.

Convegno di studio su “I beni storico-artistici delle diocesi: una risorsa per l’IRC”

Giovedì 23 febbraio 2012 Sede CEI di Via Aurelia 796

Una delle principali finalità della Scuola Italiana di ogni ordine e grado è quella di istruire, formare ed educare cittadini responsabili e consapevoli.

Una formazione così globale non può prescindere dalla conoscenza del patrimonio artistico italiano che, oltre ad essere una delle maggiori ricchezze del nostro Paese, è per la gran parte legato al cristianesimo cattolico che tanto ha influito e influenza la nostra cultura.

Programma del Seminario di Studio
ESONERO.pdf

Passione e progetto – Chiesa e scuola insieme per educare

(Saggistica Paoline)  di Lanciarotta Edmondo

Sollecitato dall’attenzione che la Chiesa italiana rivolge al tema attraverso gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, l’autore pone una riflessione critica sulla pastorale della scuola e dell’educazione in atto nelle comunità cristiane alla luce della cosiddetta «emergenza educativa», del magistero ecclesiale e della prassi pastorale, in modo da superare i punti deboli e far leva sui punti di forza di una pastorale organica o «integrata» di tutta la comunità cristiana, sempre più invitata a percepirsi come «comunità educativa».

Il libro affronta la «questione educativa oggi», resa particolarmente difficile dalle caratteristiche della società contemporanea occidentale; tratta dell’antico e fecondo legame nel tempo tra «scuola e Chiesa»; auspica un ritorno all’«educazione della persona». E infine, si interroga su come ripensare e rilanciare la «pastorale della scuola e dell’educazione» come azione di Chiesa, comunità educativa, per vocazione missionaria, a servizio di ogni uomo e di ogni donna, e come luogo di speranza nel mondo della scuola e dell’educazione.

Punti forti

Aiuta genitori, insegnanti, a capire quanto incida, nel processo educativo, la forza testimoniale dell’educatore.
Aiuta i sacerdoti, gli insegnanti di religione, a scoprire il nesso intrinseco tra evangelizzazione ed educazione, offrendo indicazioni concrete su possibili applicazioni delle linee che scaturiscono dagli Orientamenti pastorali della CEI per il 2010-2020.

Destinatari

Insegnanti/educatori/insegnanti di religione cattolica/sacerdoti/responsabili di istituti e congregazioni che hanno le scuole/Associazioni come: AIMC, FIDAE, AGE…

Autore

Edmondo Lanciarotta, sacerdote e parroco, è insegnante di religione, di etica e teologia dell’educazione presso la Sisf di Venezia (aggregata all’Ups di Roma). Dirige l’Ufficio Scuola, Educazione e Università della diocesi di Treviso ed è responsabile di Scuola, Educazione e Università per la Conferenza episcopale del Triveneto.

2° Rapporto sulla qualità nella scuola 2011

Tuttoscuola propone, a 4 anni di distanza dal primo, il secondo Rapporto sullo stato di salute della scuola italiana che definisce una graduatoria delle province (e delle regioni) per la qualità del sistema di istruzione.

Il Rapporto costituisce inoltre un ricco repertorio dei principali indicatori del sistema scolastico italiano.

Decine di migliaia di dati a disposizione, tutti ripartiti per provincia e aggregati per regione e area territoriale, per soddisfare curiosità ed esigenze di informazione su moltissimi aspetti caratterizzanti la qualità della scuola italiana.

Attraverso il Rapporto è dunque possibile rispondere alle domande: qual è la provincia italiana nella quale la scuola funziona meglio? E la regione?

La graduatoria scaturisce dall’analisi dei 96 indicatori utilizzati nel Rapporto 2011 e dalla comparazione, in particolare, dei 56 compresi anche nella prima edizione del Rapporto.

tratto da: tuttoscuola.com