Rapporto annuale del Centro Studi Scuola Cattolica

E’ stato presentato giovedì 5 novembre 2020 il XXII Rapporto sulla Scuola Cattolica in Italia “Chiamati a Insegnare” Ed.Scholé

Questo ventiduesimo Rapporto del Centro Studi per la Scuola Cattolica affronta un tema cruciale per le scuole cattoliche. Dietro il titolo, Chiamati ad insegnare, si cela infatti una riflessione sul ruolo chiave che gli insegnanti hanno in una scuola cattolica per farsi mediatori di un particolare progetto educativo e in particolare, i processi formativi con cui essi acquisiscono gli strumenti che dovrebbero metterli in grado di farsi interpreti autorevoli e credibili di una proposta culturale. Il Rapporto è infatti in gran parte dedicato alla formazione iniziale e permanente degli insegnanti di scuola cattolica e al nodo delicato del loro reclutamento.
Come di consueto in appendice al Rapporto la statistica aggiornata all’anno scolastico 2019/2020 dei principali parametri che descrivono lo stato delle scuole cattoliche in Itala

Alla presentazione del Volume sono intervenuti:

S.E. Mons. Mariano Crociata, Presidente della Commissione Episcopale per  l’educazione cattolica, la scuola e l’università
Prof. Giuseppe Savagnone, Saggista
Prof. Onorato Grassi, LUMSA
Prof. Sergio Cicatelli, Coordinatore scientifico del Centro Studi per la Scuola Cattolica
Prof. Ernesto Diaco, Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’Educazione, la Scuola e L’Università

 

Copia del Volume è disponibile presso il Centro Studi per la Scuola Cattolica

In allegato:
– Saluto e presentazione del Rapporto, a cura di S.E. Mons. Mariano Crociata
– Una sintesi dei dati raccolti dalla ricerca empirica sugli insegnanti di scuola cattolica, a cura del Prof. Sergio Cicatelli

 

Articoli
– Buoni docenti per una buona scuolaa cura di Enrico Lenzi Avvenire
– Strategia di reclutamento e formazione dei docenti di scuola cattolica, a cura di Giovanna Pasqualin SIR

 

Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia

Fratelli e sorelle,
vorremmo accostarci a ciascuno di voi e rivolgervi con grande affetto una parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori. Viviamo una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come una rottura rispetto al passato, per avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro. «Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» (Papa Francesco, Omelia nella Solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020).

Ai componenti della Comunità cristiana cattolica, alle sorelle e ai fratelli credenti di altre Confessioni cristiane e di tutte le religioni, alle donne e agli uomini tutti di buona volontà, con Paolo ripetiamo: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).
Inviamo questo messaggio mentre ci troviamo nel pieno della nuova ondata planetaria di contagi da Covid-19, dopo quella della scorsa primavera. L’Italia, insieme a molti altri Paesi, sta affrontando grandi limitazioni nella vita ordinaria della popolazione e sperimentando effetti preoccupanti a livello personale, sociale, economico e finanziario. Le Chiese in Italia stanno dando il loro contributo per il bene dei
territori, collaborando con tutte le Istituzioni, nella convinzione che l’emergenza richieda senso di responsabilità e di unità: confortati dal magistero di Papa Francesco, siamo certi che per il bene comune occorra continuare in questa linea di dialogo costante e serio.

….

continua a leggere il MESSAGGIO

Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana
Roma, 22 novembre 2020

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

WEBINAR formativi di approfondimento

Cercando di accompagnare l’attività del territorio ed offrire proposte di formazione che sostengano e affianchino gli uffici diocesani, nel pieno rispetto della sensibilità delle singole comunità, l’Ufficio Catechistico Nazionale ha il piacere di presentarvi i “Webinar formativi di approfondimento”. Idea nata durante i Laboratori sull’Annuncio che si sono svolti nel mese di luglio e presentata lo scorso 25 settembre in occasione del Convegno Nazionale on line dei Direttori UCD e dei Catechisti.

Analizzando e prendendo spunto dalle varie proposte che sono giunte dalla rete diocesana e regionale, sollecitati dalla condizione attuale di emergenza sanitaria, ci è parso importante fermare l’attenzione sul come “ASCOLTARE LA REALTÀ”.

Approfondiremo tre dimensioni, che ci sono parse significative della realtà che viviamo, che proponiamo in questo tragitto:

le cose” – (10 dicembre 2020)
Il cristiano, come ogni persona, vive nello spazio e nel tempo, immerso in un mondo di cose: si tratta di oggetti che ne possono influenzare il comportamento, che ne possono attirare il desiderio, che possono assumere un valore simbolico. La stessa liturgia riprende elementi della natura o della vita quotidiana per trasfigurarli. Quale rapporto ha il cristiano di oggi con le cose? Quale annuncio di salvezza si nasconde al di là dell’apparenza delle cose?

le parole” – (14 gennaio 2021)
Il tema di fondo, quello dell’ascolto, viene declinato in questo webinar in relazione alle parole degli uomini e alla Parola di Dio. Cos’è l’ascolto nella Parola di Dio? A fondamento della nostra fede c’è un Dio che ascolta il grido del suo popolo. In che senso poi la Bibbia invita ad ascoltare le parole degli uomini? Integrare la sensibilità biblica nella catechesi significa integrare lo stile dell’ascolto di Gesù.

i legami” – (28 gennaio 2021)
Secondo l’antropologia cristiana l’uomo è un essere relazionale, la cui identità cioè si struttura in orizzontale nel rapporto con gli altri e in verticale nel rapporto con Dio. In un contesto culturale che favorisce il soggetto auto-centrato, l’annuncio cristiano sembra andare contro corrente. Cosa significa oggi prendere sul serio questa complessa dimensione relazionale? Questo webinar mette a fuoco l’importanza di porre attenzione a questi dati per rilanciare l’annuncio di una vita cristiana “in uscita” da sé.

I tre Webinar avranno una voce guida che ci aiuterà ad entrare nel merito: per il primo sarà Don Cesare Pagazzi mentre per i successivi incontri stiamo ancora definendo i nomi, ma prossimamente ricevere un invito specifico con tutti i dettagli.

Durante i lavori i partecipanti non avranno attivi audio e video personale, questo per alleggerire la sessione di lavoro a livello informatico che prevediamo molto numerosa. Tuttavia ci sarà la possibilità di intervenire con domande scritte – tramite la chat – che verranno selezionate e affidate al relatore per le risposte.

Questo il link per l’iscrizione tramite il portale iniziative della CEI: https://iniziative.chiesacattolica.it/webinarformazione1
Alla conferma della vostra iscrizione riceverete una email contenente il link per accedere alla sessione di lavoro ed alcune indicazioni pratiche per l’accesso.

La segreteria UCN è a completa disposizione per supportare le procedure di iscrizione.

Un caro augurio a tutti voi dall’Equipe UCN

Francesco ai giovani: non “vivacchiate”, scegliere Dio rende felici

Non stare parcheggiati ai lati della vita: nella Messa per il passaggio della Croce della Gmg, il Papa parla ai giovani di “grandi sogni” che rendono liberi, da cercare oltre il pensiero dominante che riduce la felicità al divertimento, l’esistenza ad una febbre di consumi, l’amore ad emozioni. Poi l’annuncio: la celebrazione diocesana della GMG dal prossimo anno passa dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Cristo Re

 

 

“Io sono lì – dice Gesù – dove il pensiero dominante, secondo cui la vita va bene se va bene a me, non è interessato.  Io sono lì, dice Gesù anche a te, giovane che cerchi di realizzare i sogni della vita”. Così il Papa si rivolge ai ragazzi nella Santa Messa per il passaggio della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù nella festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.  Commentando l’ultima pagina del Vangelo di Matteo prima della Passione sottolinea che “prima di donarci il suo amore sulla croce, Gesù ci dà le sue ultime volontà”. Francesco chiarisce: “Ci dice che il bene che faremo a uno dei suoi fratelli più piccoli – affamati, assetati, stranieri, bisognosi, malati, carcerati – sarà fatto a Lui”.  (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Due domande essenziali

Il Papa pone due interrogativi: “Aiuto qualcuno che non può restituirmi? Sono amico di una persona povera?”. Il Papa pone questi interrogativi per poi dare la risposta di Cristo: “Io sono lì, ti dice Gesù,  ti aspetto lì, dove non immagini e dove magari non vorresti nemmeno guardare, lì nei poveri”. Il Papa ricorda la figura di San Martino: da giovane soldato non battezzato, un giorno vide un povero che “chiedeva aiuto alla gente, ma non ne riceveva, perché tutti passavano oltre”. Francesco spiega che “vedendo che gli altri non erano mossi a compassione, comprese che quel povero gli era stato riservato”. Non aveva niente con sé, solo la sua divisa di lavoro e allora tagliò il suo mantello e ne diede metà al povero, “subendo – sottolinea – le risa di scherno di alcuni lì attorno”. Poi sognò Gesù, rivestito della parte di mantello con cui aveva avvolto il povero. Fece quel sogno – aggiunge il Papa – “perché lo aveva vissuto, pur senza saperlo, come i giusti del Vangelo di oggi”.

L’invito a non restare parcheggiati ai lati della vita

E dunque il forte incoraggiamento del Papa: “Cari giovani, cari fratelli e sorelle, non rinunciamo ai grandi sogni. Non accontentiamoci del dovuto. Il Signore non vuole che restringiamo gli orizzonti, non ci vuole parcheggiati ai lati della vita, ma in corsa verso traguardi alti, con gioia e con audacia”. E’ molto incisivo il richiamo all’attualità e a convinzioni che sembrano imperanti: “Non siamo fatti per sognare le vacanze o il fine settimana – afferma il Papa – ma per realizzare i sogni di Dio in questo mondo. Egli ci ha reso capaci di sognare per abbracciare la bellezza della vita”. Dunque, la convinzione profonda: “Le opere di misericordia sono le opere più belle della vita. Se hai sogni di vera gloria, non della gloria del mondo che viene e va, ma della gloria di Dio, questa è la strada. Perché le opere di misericordia danno gloria a Dio più di ogni altra cosa”. E su questa frase il Papa si sofferma, la ripete.

Grandi scelte per grandi sogni

Il Papa dà voce a un interrogativo importante: “Ma da dove si parte per realizzare grandi sogni?”, si chiede per poi rispondere: “Dalle grandi scelte”. E’ il Vangelo a chiarirlo, ricorda: “Nel momento del giudizio finale il Signore si basa sulle nostre scelte. Sembra quasi non giudicare: separa le pecore dalle capre, ma essere buoni o cattivi dipende da noi. Egli trae solo le conseguenze delle nostre scelte, le porta alla luce e le rispetta. Per i giovani il messaggio è chiaro e potente: “La vita, allora, è il tempo delle scelte forti, decisive, eterne. Scelte banali portano a una vita banale, scelte grandi rendono grande la vita”. Papa Francesco lo dice senza mezzi termini: “Noi, infatti, diventiamo quello che scegliamo, nel bene e nel male. Se scegliamo di rubare diventiamo ladri, se scegliamo di pensare a noi stessi diventiamo egoisti, se scegliamo di odiare diventiamo arrabbiati, se scegliamo di passare ore davanti al cellulare diventiamo dipendenti”. Con una certezza che illumina: “Se scegliamo Dio diventiamo ogni giorno più amati e se scegliamo di amare diventiamo felici”.

Non restare appesi ai perché della vita

“Sì, perché – aggiunge – la bellezza delle scelte dipende dall’amore”. E anche  questa affermazione Papa Francesco sceglie di ripeterla, sottolineando così tutta l’importanza.  Gesù sa che “se viviamo chiusi e indifferenti restiamo paralizzati, ma se ci spendiamo per gli altri diventiamo liberi”. Dunque il Papa “consegna” ai giovani il segreto della vita: “Il Signore della vita ci vuole pieni di vita e ci dà il segreto della vita: la si possiede solo donandola”. “Ma ci sono degli ostacoli che rendono ardue le scelte”: Francesco lo ricorda, citando “spesso il timore, l’insicurezza, i perché senza risposta”. Anche qui un’indicazione chiara: l’amore chiede di andare oltre, di “non restare appesi ai perché della vita aspettando che dal Cielo arrivi una risposta”. E, dunque,  “l’amore spinge a passare dai perché al per chi, dal perché vivo al per chi vivo, dal perché mi capita questo al per chi posso fare del bene. Per chi? Non solo per me: la vita è già piena di scelte che facciamo per noi stessi, per avere un titolo di studio, degli amici, una casa, per soddisfare i propri hobby e interessi.

La febbre dei consumi e l’ossessione del divertimento

Tra tante riflessioni, il Papa mette a nudo il rischio che tutte le attraversa: “Rischiamo di passare anni a pensare a noi stessi senza cominciare ad amare”. E cita Manzoni sottolineando che “diede un bel consiglio”, quando ne I promessi Sposi  scrisse: «Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio». Ma “non ci sono solo i dubbi e i perché a insidiare le grandi scelte generose, ci sono tanti altri ostacoli”. Il Papa ricorda “la febbre dei consumi, che narcotizza il cuore di cose superflue” e “l’ossessione del divertimento, che sembra l’unica via per evadere dai problemi e invece è solo un rimandare il problema”. Ma anche “c’è il fissarsi sui propri diritti da reclamare, dimenticando il dovere di aiutare”. E poi sintetizza “la grande illusione sull’amore” spiegando che “sembra qualcosa da vivere a colpi di emozioni, mentre amare è soprattutto dono, scelta e sacrificio”.

Difendere l’originalità contro le mentalità  dell’usa-e-getta e del tutto-e-subito

Poi due inviti a ribaltare la mentalità che vorrebbe imporsi:  “Scegliere – sottolinea il Papa – soprattutto oggi è non farsi addomesticare dall’omologazione, è non lasciarsi anestetizzare dai meccanismi dei consumi che disattivano l’originalità, è saper rinunciare alle apparenze e all’apparire”. Inoltre, “scegliere la vita è lottare contro la mentalità dell’usa-e-getta e del tutto-e-subito, per pilotare l’esistenza verso il traguardo del Cielo, verso i sogni di Dio”. A questo proposito il Papa aggiunge a braccio che l’obiettivo è vivere e non vivacchiare, spiegando di aver sentito questa espressione da un ragazzo. Francesco aggiunge: “Vorrei darvi un ultimo consiglio per allenarsi a scegliere bene. Se ci guardiamo dentro, vediamo che in noi sorgono spesso due domande diverse. Una è: che cosa mi va di fare? È una domanda che spesso inganna, perché insinua che l’importante è pensare a sé stessi e assecondare tutte le voglie e le pulsioni che vengono. Ma la domanda che lo Spirito Santo suggerisce al cuore è un’altra: non che cosa ti va? ma che cosa ti fa bene?”. Il Papa ribadisce che “qui sta la scelta quotidiana, che cosa mi va di fare o che cosa mi fa bene?”. E afferma: “Da questa ricerca interiore possono nascere scelte banali o scelte di vita. Guardiamo a Gesù, chiediamogli il coraggio di scegliere quello che ci fa bene, per camminare dietro a Lui, nella via dell’amore. E trovare la gioia.”

Il passaggio della Croce

Al termine della celebrazione eucaristica, il Papa ha salutato cordialmente tutti  i presenti e quanti hanno seguito attraverso i media. E ha rivolto un saluto particolare  ai giovani panamensi e portoghesi, rappresentati da due delegazioni, che hanno fatto, subito dopo, il significativo gesto del passaggio della Croce e dell’icona di Maria Salus Populi Romani, simboli delle Giornate Mondiali della Gioventù. “È un passaggio importante – ha detto il Papa – nel pellegrinaggio che ci condurrà a Lisbona nel 2023.

La GMG locale nella festa di Cristo Re

Poi l’annuncio della decisione di Papa Francesco con queste parole: “E mentre ci prepariamo alla prossima edizione intercontinentale della GMG, vorrei rilanciare anche la sua celebrazione nelle Chiese locali. Trascorsi trentacinque anni dall’istituzione della GMG, dopo aver ascoltato diversi pareri e il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, competente sulla pastorale giovanile, ho deciso di trasferire, a partire dal prossimo anno, la celebrazione diocesana della GMG dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Cristo Re”.  Il Papa ha spiegato che “al centro rimane il Mistero di Gesù Cristo Redentore dell’uomo, come ha sempre sottolineato San Giovanni Paolo II, iniziatore e patrono delle GMG”. Aggiungendo: “Cari giovani, gridate con la vostra vita che Cristo vive e regna! Se voi tacerete, grideranno le pietre!”.

Fausta Speranza – Città del Vaticano

L’IRC nella scuola e nel mondo di oggi: davvero una risorsa educativa?

“Qui la meta è partire” (Ungaretti). Partire ti costringe a lasciare certezze, a selezionare ricordi, a cristallizzare volti, a sentire nostalgia. E’ toccato anche a me sperimentare un po’ di tutto ciò: quest’estate ho saputo che avrei lasciato la scuola dove sono stato per otto anni. Mi accingevo a partire per un mare sconosciuto lasciando un porto sicuro in cui, tra normali fatiche e altrettante gioie, avevo costruito legami belli e fecondi con colleghi e studenti.
Alcuni miei alunni, venuti a sapere di questo mio passaggio, mi hanno inviato bigliettini che mi hanno riempito il cuore di gioia e tenerezza. Sì, perché uno dei tratti privilegiati del mio mestiere è la possibilità di creare relazioni vere con ragazzi che vivono un’età fondamentale della vita: l’adolescenza. Ecco alcune delle cose belle che mi hanno scritto: “Grazie prof! In questi anni lei non ha fatto religione ma ci ha mostrato come vivere”; oppure: “Grazie perché l’ora di religione ci ha permesso di esprimerci davvero, attraverso il dialogo e il confronto, senza dover aderire a dogmi preconfezionati…”; e ancora: “Sono state lezioni interessanti perché l’attualità è entrata in classe e non ci ha riproposto qualcosa di già sentito e a noi lontano”.
Dopo aver letto questi bigliettini, al di là dell’affetto e della stima, è sopraggiunto in me un senso di sconforto e parziale fallimento; con tutta la fatica che faccio a spiegare e far comprendere il senso dei 10 comandamenti, mi vedo scritto che non faccio religione? O con lo sforzo di rendere ragione oggi di tematiche attinenti la bioetica, la morale sociale, l’affettività rimanendo fedele al patrimonio della Chiesa cattolica, mi trovo scritto che l’attualità è entrata in classe quasi a scalzare un passato religioso che sa di “vecchio”? O ancora: l’apparente novità del dialogo e del potersi esprimere che i miei studenti avrebbero fatto “quasi in esclusiva” nella mia ora e non in tutte le materie scolastiche? Insomma, come sempre, i ragazzi ti mettono in discussione, spingendoti a comprendere meglio sia questo tempo sia la disciplina. Sono proprio i cuccioli d’uomo a mostrare i segni di una possibilità che si affaccia all’orizzonte e che chiede di essere guardata con franchezza e senza paura.

La questione del linguaggio

Così, ho avuto la conferma che il vero problema sia il linguaggio con cui cerchiamo di veicolare messaggi e far comprendere concetti. Come è possibile, oggi, spiegare in classe che il Dio cristiano è Trinità? O come presentare l’esperienza della misericordia come rivelazione di Dio? E’ necessario ri-significare il tutto. Come ricordava di recente don Fabio Landi a un corso di formazione per insegnanti, “il discorso religioso oggi patisce di un sistematico fraintendimento delle parole della fede: credenti e non credenti attivano gli stessi automatismi e ripropongono schemi e orizzonti di pensiero che, quanto più sono irriflessi, tanto più risultano inattaccabili. Per questo, il nostro discorso chiede, quasi per ogni vocabolo, la fatica di intervenire con tutto un corredo di note e precisazioni. Se ci asteniamo dal farlo, gli altri semplicemente non capiscono niente di quello che diciamo e prendono l’oggetto dei nostri discorsi come verità arbitrarie e, come si dice, piovute dal cielo”.
L’insegnamento della religione cattolica si presenta davvero come un’attività di frontiera per quanto riguarda la traduzione del discorso religioso in un linguaggio universale e comprensibile. E’ necessario non dare nulla per scontato e ripartire dall’esperienza personale e di tutti per dire in modo nuovo ciò che, da sempre, è “inattingibile e misterioso”.

Scommettere sull’umanità della fede

Il primo giorno di scuola entro in una classe di prima superiore e chiedo agli alunni se qualcuno partecipa a un gruppo. Una ragazza alza la mano e risponde che lei fa parte di 5 gruppi; incuriosito dall’elevato numero, le chiedo di raccontare e lei candidamente mi risponde che fa parte di 5 gruppi di WhatsApp. Istantaneamente mi rendo conto che la parola “gruppo” riporta oggi a una esperienza diversa dalla mia. E’ stato necessario partire dal “gruppo WhatsApp” per parlare di comunità. Il “cambiamento d’epoca” impone a tutti, e alla Chiesa in particolare, una conversione culturale. E’ necessario ripartire “dall’umanità della fede”, ovvero dall’esperienza umana condivisa hic et nunc per narrare l’esperienza di fede; è necessario non scoraggiarsi di fronte al nuovo bensì convertirsi, per ri-comprendere il desiderio perenne di un Dio che cerca l’uomo per amarlo fino alla “pazzia” della croce anche in questo tempo di grandi opportunità e non solo di fatiche. [1]
Efficace, a tal proposito, la definizione di Duilio Albarello secondo cui l’insegnante di religione è una sorta di “teologo in uscita”. Proprio il caso dell’Irc – afferma – “mi sembra significativo per intendere una corretta declinazione della ‘laicità dello Stato’. Tale principio di laicità non comporta affatto necessariamente né la rimozione dell’esperienza religiosa dallo spazio pubblico per ghettizzarla nell’ambito del privato, né la pura neutralità dello Stato e delle sue istituzioni rispetto alle differenti tradizioni religiose presenti nella società: occorre riconoscere da questo punto di vista che esistono limiti nel laicismo, uguali e contrari ai limiti del dogmatismo”. [2] Il caso Irc – prosegue Albarello – “mostra che può esistere una concezione della laicità dello Stato che non la identifica con la neutralizzazione delle differenze, bensì la intende come l’attitudine davvero democratica di riconoscere le differenze come tali e di apprezzarne l’apporto specifico, che esse possono offrire alla ricerca del bene di tutti e di ciascuno. Ecco il compito dell’insegnante specialista di religione cattolica, considerabile come un ‘teologo in uscita’, per usare un’espressione assonante al pensiero di Papa Francesco”.
Si tratta di proporre un linguaggio diverso che metta in luce aspetti nuovi, apra a prospettive inedite, permetta di capire ciò che non si era mai capito. In questo senso, ogni traduzione rappresenta anche una grande opportunità. Il lessico contemporaneo, mentre dice la vita così come l’uomo di oggi la vive e la coglie, fa risuonare il Vangelo in un modo inedito. Contemporaneamente, il Vangelo si appropria della parola umana, la illumina, le dona sostanza e verità. Ma la grazia porta a perfezione la natura senza sostituirla: è sempre nell’autenticità dell’esperienza comune che il Vangelo rivela la sua ricchezza e si afferma come parola divina.

Un “incredibile bisogno di credere”

Una seconda risorsa che l’insegnante di Religione sperimenta è il sincero desiderio di credere dei ragazzi. Certo, un credente dà per scontato che l’oggetto del credere sia il Dio di Gesù Cristo. Ma in un contesto secolarizzato è davvero così? No! Direi che “credere” è una non-evidenza che necessita di essere risignificata, con tutta la fatica che ciò comporta perché, prima ancora che in Dio, l’uomo ha bisogno di fare un’esperienza di fede-fiducia verso se stessi e gli altri, e solo successivamente in Dio.
Credere in Dio è qualcosa che i giovani associano all’infanzia o alla vecchiaia e esclude in blocco il mondo giovanile, alla ricerca di certezze basate sempre sulla esperienza personale. Eppure, nonostante tutto, riscontro che i giovani manifestano sempre più “l’incredibile bisogno di credere”[3], che si traduce nella ricerca di adulti in grado di accompagnarli in questo cammino di scoperta e fiducia: un cammino che non ha più argini e paletti socialmente riconosciuti, ma che si configura come un percorso soggettivo e personale in cui il dialogo con altri, che hanno intrapreso il medesimo viaggio, diviene necessario.
Per questo motivo, l’ora di religione ha una grande opportunità e, al contempo, una grande responsabilità nell’aiutare le nuove generazioni a dare voce a questo intimo desiderio, nel promuovere la bellezza del vivere come chiave per non perdere l’orizzonte di senso in cui i giovani si muovono e camminano quotidianamente. Ne segue che è fondamentale avere Idr affidabili, disponibili, preparati e capaci di aiutare i giovani a “spiccare il volo”.

Educare alla bellezza

Il terzo punto di forza in cui credo che l’Irc possa dare un potente contributo alla scuola di oggi e alla società di domani, è educare alla bellezza. Più passano gli anni, più sento che gli alunni chiedono un altro punto di vista rispetto al modello prevalente tecnico-economico.
Un mese fa una studentessa di seconda superiore mi chiese: “Prof, a cosa serve l’ora di religione? Può essere un’ora anche molto bella, ma credo sia un’ora inutile!”. Le ho risposto: “L’ora di religione non serve a nulla. Perciò è così fondamentale e, spero, bella”. Lei ovviamente in prima battuta non ha compreso, così ho provato a spiegarmi: “Vedi, se ciò che imparo mi deve servire nell’immediato, hai ragione tu. Non serve a nulla. Però desidero farti notare una cosa: a cosa serve passare del tempo con la tua amica del cuore il sabato pomeriggio? Oppure ascoltare la musica che ti piace? In realtà, secondo un’ottica economica, è inutile. Noi però viviamo di queste cose, che rendono bella e saporita la vita. Che ci fanno stupire e lasciano uno spazio ai sentimenti e alla curiosità. Di tutto ciò il nostro mondo ha un estremo bisogno, alla ricerca di ciò che è bello, perché buono e vero. A questo può servire l’ora di religione, ad avere questo sguardo. Che è lo sguardo di Gesù, in ogni tempo e su ogni uomo”.
Davvero c’è bisogno di educare alla bellezza come veicolo verso il riconoscimento di ciò che è buono; solo così si può contribuire al dare voce a quell’anelito, spesso sopito, dell’anima verso lo stupore e la meraviglia. Peppino Impastato soleva ricordare che se si insegnasse la Bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura, l’omertà. E’ per questo che bisognerebbe educare la gente alla Bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.
L’Irc può contribuire in modo efficace a educare a uno sguardo così, sguardo troppo spesso offuscato dalle brutture, sfregiato dalle barbarie, sopito dal tiepido e mediocre. Se riusciremo, noi insegnanti di religione cattolica e di altre discipline, a mostrare che ne vale la pena, avremo aiutato le nuove generazioni a leggere la vita come un dono, come una risorsa produttiva che rinvia sempre a un futuro che appare promettente e per cui vale la pena sperare, combattere, vivere.

 

NOTE

[1] Cf D. ALBARELLO, La grazia suppone la cultura. Fede cristiana come agire nella storia, Giornale di Teologia 405, Queriniana, Brescia 2018.
[2] D. ALBARELLO, Da una prospettiva cattolica: i limiti del dogmatismo e l’universalità della Religione, intervento al Corso nazionale di aggiornamento per IdR, Assisi 2017.
[3] J. KRISTEVA, Bisogno di credere. Un punto di vista laico, Donzelli, Roma 2006.

 

L’esperienza di un insegnante di religione nella scuola secondaria di secondo grado

Francesco Luppi

(NPG 2020-02-77)

«Ripartiamo insieme». Conseguenze per la pratica catechistica delle Linee guida della CEI

La RPR ritorna ancora sul documento dell’UCN “Ripartire insieme”, che presenta le linee guida proposte alle parrocchie italiane per operare in tempo di pandemia.

Presentiamo una conferenza in cui si riflette sull’importante documento. È il primo di una serie di interventi a favore dei catechisti della Circoscrizione salesiana dell’Italia centrale.

In allegato: il documento, la conferenza, la pista per il lavoro di gruppo, il PPT.

Ripartiamoinsieme pdf

Ripartiamo insieme ppt

Ripartiamo insieme Lavoro di gruppo

Ripartiamo insieme Conferenza

Leggere il tempo dell’epidemia

«L’epidemia ci appare per ciò che ultimamente è: una prova della fede». La lettera pastorale 2020-2021 di mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina, è stata presentata il 19 settembre e porta il titolo «Non ardeva forse in noi il nostro cuore?» (Lc 24,32). Leggere il tempo e rianimare la speranza.
Rileggendo le vicende degli ultimi mesi alla luce della Scrittura e della fede, che è chiamata «a indicare un orientamento e trasmettere un senso che aiuti a capire», mons. Crociata conclude che «ci sono potenzialità nel nostro cuore, ma anche nella nostra vita di Chiesa, nelle nostre comunità, nella storia della nostra Chiesa, che solo una fede ardente è capace di risvegliare e rendere attive. E noi invece per lo più le lasciamo assopite se non addirittura le facciamo deperire senza rimedio. Quando queste risorse si risvegliano, allora non c’è notte o fallimento che tenga, e non c’è considerazione di opportunità o di convenienza che conti, perché il credente diventa capace di cose inimmaginabili».
Dobbiamo quindi «imparare, nella fede, a gettare il cuore oltre gli ostacoli, là dove Dio è già all’opera, per anticipare quella pienezza di vita che la croce più che imprigionare fa sprizzare come gioia di risurrezione».

 

http://www.ilregno.it/articles/Regno-documenti-19-2020-577-sjyw27.pdf

sussidio Un Messale per le nostre Assemblee

È già arrivata alle nostre comunità la terza edizione italiana del Messale Romano, approvato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 16 luglio 2019. Il Messale può essere già fin da ora adoperato per la celebrazione eucaristica, e diventerà obbligatorio dal 4 aprile 2021.

In allegato troverete il sussidio Un Messale per le nostre Assemblee preparato dall’Ufficio Liturgico Nazionale e dall’Ufficio Catechistico della CEI, come strumento per conoscere meglio il Messale e sfruttare tutte le sue potenzialità. Lo scopo è quello di favorire l’accoglienza e la valorizzazione del libro liturgico.

2020 – CEI – Sussidio per nuova edizione Messale Romano

Il sinodo per l’Amazzonia un anno dopo

A un anno dalla celebrazione del sinodo per l’Amazzonia, che si è tenuto in Vaticano dal 6 al 27 ottobre 2019, si tenta ora di tracciare un primo bilancio degli sviluppi che ne sono derivati. A fare il punto sono stati nei giorni scorsi alcuni partecipanti al sinodo di lingua tedesca in una videoconferenza organizzata ad Aquisgrana dalle organizzazioni caritative Misereor e Adveniat.

Voci e pareri sul cammino della Chiesa in Amazzonia

Una voce critica – come riferisce l’agenzia KNA del 21 ottobre scorso – è stata quella del teologo della liberazione Paulo Suess. A suo modo di vedere, nei dibattiti al sinodo c’è stata sì una grande apertura a vere riforme, ma alla fine hanno prevalso i «tradizionalisti» che volevano il minor cambiamento possibile. Hanno «messo all’angolo il papa», accusandolo persino di essere fautore di divisione e di eresie, ossia di falsi insegnamenti. Per questo Francesco sarebbe stato «molto cauto» nel Documento finale del sinodo. Secondo Suess, una forte Chiesa locale indigena sarebbe «un arricchimento per l’intera Chiesa mondiale e in nessun modo una minaccia, come alcuni temono».

Diverso, invece, il parere del vescovo tedesco Johannes Bahlmann, di Obidos (Amazzonia): gli indigeni e tutte le altre persone della regione amazzonica si sono sentiti rafforzati dal sinodo e hanno sviluppato una nuova fiducia in se stessi.

Per suor Birgit Weiler, del Perù, all’interno della Chiesa è gratificante che le donne e le popolazioni indigene dell’America Latina siano ora maggiormente coinvolte. È importante, tuttavia, che non siano solo consultate, ma anche che abbiano voce nelle decisioni. Ci sono qui molti segnali positivi – ha sottolineato –, e ha espresso la viva speranza che continuino ad essere tradotti in pratica.

Riferendosi all’attuale pandemia del coronavirus, ha affermato che questa ha mostrato «in tutta la sua brutalità» quanto siano drammatiche le differenze sociali e le ingiustizie che ne derivano: vittime sono soprattutto i poveri che, affidati a un sistema sanitario pubblico marcio, non possono rimanere a casa per proteggersi. Inoltre – ha proseguito – è aumentata notevolmente la violenza contro le donne. La Chiesa deve quindi esercitare una pressione più energica sulla politica per punire la violenza e far rispettare i diritti umani.

Michael Heinz, amministratore delegato dell’organizzazione umanitaria per l’America Latina Adveniat, ha affermato che, in seguito al sinodo, si sono ora create nuove reti nella regione amazzonica. A differenza della Germania, dove i documenti vengono spesso «archiviati e rapidamente dimenticati», i documenti sinodali in America Latina sono stati molto discussi e si sono dimostrati «pieni di vita». Oltre alla precedente opzione per i poveri e i giovani, ora si è aggiunta anche un’«opzione per la creazione e per i popoli indigeni».

Nella videoconferenza, l’amministratore delegato della Misereor, Pirmin Spiegel, si è riferito ai dibattiti in corso sull’accordo UE-Mercosur sulle relazioni commerciali con i paesi sudamericani. Il fatto che in questa area le questioni sugli standard ambientali, i diritti umani e il controllo democratico giochino un ruolo decisivo può essere considerato anche come esempio di ciò che potrebbe derivare concretamente dai dibattiti al sinodo sull’Amazzonia.

Il silenzi su certe richieste

Il papa è stato criticato da più parti per la mancanza di riforme su alcuni temi molto attesi. Nell’esortazione post-sinodale Querida Amazonia, pubblicata lo scorso febbraio, egli non ha accolto i suggerimenti dell’assemblea sinodale di ordinare sacerdoti uomini sposati maturi né di prevedere un diaconato per le donne in casi eccezionali e tantomeno di alleviare l’obbligo del celibato per i preti. Come prima misura per combattere la carenza di sacerdoti in Amazzonia, Francesco ha invece raccomandato di pregare per un numero maggiore di vocazioni, di provvedere un migliore utilizzo dei sacerdoti esistenti nella regione e favorire una formazione più appropriata. Nel complesso – ha sottolineato – la Chiesa e la cura pastorale in Amazzonia dovrebbero essere maggiormente caratterizzate dalla presenza di laici impegnati.

Ma, come è stato riferito da Civiltà Cattolica, ha spiegato così le ragioni del suo silenzio su quei temi che erano i più attesi da una certa opinione pubblica: «C’è stata – ha dichiarato – una discussione… una discussione ricca… una discussione ben fondata, ma nessun discernimento, che è qualcosa di diverso dall’arrivare ad un buono e giustificato consenso o a maggioranze relative. Dobbiamo capire – ha precisato – che il sinodo è più di un parlamento; e in questo caso specifico non poteva sfuggire a questa dinamica. Su questo argomento è stato un parlamento ricco, produttivo e persino necessario; ma non più di questo. Per me questo è stato decisivo nel discernimento finale, quando ho pensato a come fare l’esortazione».

Francesco ha poi chiarito che un sinodo dovrebbe essere un luogo di riflessione orante e non un luogo in cui si sviluppano pressioni lobbistiche di tipo parlamentare.

La  Conferenza della Chiesa per l’Amazzonia

Uno dei frutti più importanti del sinodo è stata senza dubbio la creazione, lo scorso mese di giugno, della nuova Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia.

Non è stato facile arrivarci. I mesi per giungere alle delibere e i relativi preparativi, che si sono svolti in gran parte in segreto, sono stati duri. Secondo alcune informazioni, un certo numero di forze conservatrici era scettico; e c’era una resistenza anche in Vaticano.

La scelta della data di quella istituzione non è stata casuale: il 29 giugno 2020, giorno in cui si celebra la solennità dei santi Pietro e Paolo. E ciò conferma la vocazione del nuovo organismo di «porsi al servizio della Chiesa, della sua opzione profetica e della sua azione missionaria in uscita». «Ci sembra – sostiene la nota dell’annuncio – che la nascita di questa Conferenza ecclesiale sia un atto di speranza, unito al magistero di papa Francesco, che ha accompagnato da vicino tutto il processo». Ma non solo: la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia vuole essere anche una proposta concreta «in questi tempi difficili ed eccezionali per l’umanità, mentre la pandemia colpisce con forza la regione panamazzonica e le realtà di violenza, di esclusione e di morte nei confronti del bioma e dei popoli che lo abitano reclama un’urgente quanto imminente conversione integrale».

Con la creazione di questa Conferenza, si raccolgono due istanze emerse dal sinodo: la prima, riportata nel Documento finale, chiede di «creare un organismo episcopale che promuova la sinodalità tra la Chiesa della regione panamazzonica, che aiuti a delineare il volto amazzonico della Chiesa e continui nell’impegno di trovare nuovi cammini per la missione evangelizzatrice» (n. 115). La seconda, invece, è espressa da papa Francesco nella sua esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia ed è l’auspicio «che i pastori, i consacrati, le consacrate e i fedeli laici dell’Amazzonia si impegnino nell’applicazione» del lavoro sinodale (n. 4).

Il cardinale peruviano Pedro Barreto, vicepresidente di Repam, considera la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia come «un dono al papa e alla regione amazzonica». Le strutture modificate potrebbero aiutare a facilitare il percorso verso le riforme. Nella Conferenza ora costituita sono rappresentati vescovi, sacerdoti, diaconi e membri delle popolazioni indigene di tutti gli stati amazzonici. «Non ci sono nazionalismi, né divisioni», sottolinea Barreto. Si tratta della Chiesa come spazio di vita comune che deve essere protetto a beneficio di tutta l’umanità.

La Conferenza è composta dai rappresentanti di nove paesi della regione amazzonica. A presiedere la conferenza sarà il cardinale Hummes. Un fatto rilevante è la scelta di inserire nell’organismo tre rappresentanti indigeni: due laici – Patricia Gualinga e Dario Siticonatzi, rispettivamente dei popoli sarayaku e ashaninka – e suor Laura Vicuña, del popolo kariri.

Secondo lo statuto, il nuovo organismo dovrà essere collegato con il CELAM – Consiglio episcopale latinoamericano – e cooperare con il Repam (Rete ecclesiale panamericana, con sede a Quito, in Ecuador) anche se con uno statuto autonomo.

Il presidente del CELAM, l’arcivescovo Miguel Cabrejos, è stato coinvolto nella pianificazione sin dall’inizio, assicura Barreto, «ma non siamo solo semplicemente un’altra istituzione». Il progetto è sostenuto da popolazioni indigene, laici e clero allo stesso modo, il che significa che esso possiede una grande propulsione. Inoltre, il progetto promuove il decentramento voluto dal papa. Papa Francesco accompagna perciò l’iniziativa con grande compiacimento.

Le aspettative dalla Conferenza ecclesiale amazzonica sono grandi. I cattolici di tutto il mondo sperano vivamente di ricevere impulsi per un rinnovamento della Chiesa dal sinodo per l’Amazzonia. Tuttavia, per le ragioni dette, l’esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia di Francesco è stata accolta da alcuni con una certa delusione. È probabile, comunque, che le discussioni ricomincino presto.

Il Documento finale del sinodo si augura che l’organismo ora istituito nell’incontro dei vescovi «trasmetta le idee che sono state sollevate a tutta l’area della Chiesa in America Latina e nei Caraibi». Ciò significa che il processo postsinodale è tutt’altro che concluso.

Dalla frammentazione dei saperi all’Universitas

Il 6 e il 7 novembre 2020, in modalità telematica, il modulo formativo della FUCI affronta la sfida di edificare l’Università come una comunità.

Si terrà dal 6 al 7 novembre 2020 sulla piattaforma digitale Zoom il modulo formativo per studenti e assistenti promosso dalla Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI). L’evento, giunto alla sua ottava edizione, intende – scrive la presidenza nazionale – “creare un’occasione di incontro in cui poter custodire le differenze specifiche di ogni realtà e da queste lasciarsi stupire e interrogare, affinché si rigeneri sempre la spinta che anima i nostri cammini”. L’iniziativa verterà “sulla necessità di leggere lo stato di realtà della frammentazione dei saperi per conoscere il passato, vivere pienamente il presente e proiettarsi nell’avvenire”.

A guidare i lavori di venerdì 6 novembre saranno i professori Francesco Rosito, docente di filosofia teoretica al “Seraphicum” di Roma, e Massimo Faggioli della Villanova University di Philadelphia. Sabato 7 novembre sono previsti workshop per i fucini e per gli assistenti, conclusi dal lancio delle adesioni per l’anno in corso, caratterizzato dal tema “Presenti! Rispondiamo insieme all’oggi che chiama”.

Per le modalità di partecipazione e ulteriori informazioni: http://www.portale.fuci.net/event/ix-modulo-formativo/